LECCO – L’intervistato, come si suol dire, è un”addetto ai lavori“. A tutto tondo, visto che oltre ad essere titolare di due attività di ricezione turistica e ristorazione in riva al lago da qualche mese è anche presidente di Lariofiere – dunque sulla situazione gli comparti diversi (tuttavia in qualche modo paralleli e comunque in difficoltà a causa dell’epidemia di Coronavirus), Fabio Dadati ha certamente molti argomenti.
Cominciando dalla situazione forse più precaria: quella dei locali pubblici, che nel nostro territorio come altrove hanno subito una drammatica flessione del lavoro nei mesi del lockdown. Ma pure adesso devono fronteggiare prospettive non del tutto rosee,
“Iniziamo a considerare in modo diverso – attacca Dadati – le attività sul lago e quelle in montagna, partendo dal presupposto numerico che in riva al Lario le presenze di italiani sono appena pari al 3% del totale. Dunque se pensiamo alle obiettiva difficoltà del turismo estero, non solo verso l’Italia, è chiaro che non sarà semplice recuperare quanto è andato bruciato a primavera. A maggio se mi passate il termine si è lavoricchiato, diciamo intorno al 30-40% della potenziale occupazione (qui mi riferisco al settore alberghiero); meglio a giugno, mentre per il mese di luglio e speriamo anche ad agosto si può ipotizzare una crescita che potrebbe arrivare fino all’80-90% dell’occupazione. Stiamo parlando della zona lecchese, mentre per la sponda orientale del Lago, in particolare Varenna che storicamente lavora con ospiti stranieri soprattutto americani, il momento è drammatico e si è arrivati ad appena il 10% di presenze rispetto alle potenzialità delle strutture ricettive. Naturalmente la speranza è che caldo e diminuzione della virulenza del Covid-19 possano in qualche modo migliorare lo stato dei fatti”.
“Tornando alla ristorazione, va segnalato come esistano profonde differenze a seconda sia di dove si trovano i locali ma anche delle loro caratteristiche. Qui ad esempio va bene il lago, specialmente per le attività all’aperto, mentre è seria se non grave la situazione dei locali più piccoli e privi di dehor, un po’ in tutte le città, La contrazione del lavoro per questo genere di esercizi è cospicua – per le dimensioni che non consentono di attuare al meglio il necessario distanziamento e per l’incidenza dello smart working: mi viene in mente Milano, ma la questione riguarda un po’ tutti grossi centri, dove si è persa buona parte della clientela fatta di personale degli uffici, che a mezzogiorno consuma per l’appunto in piccoli locali in grado di offrire ristorazione veloce oltre che il servizio bar”.
“Ulteriore frammentazione si rileva nella valutazione della crisi osservando le attività in montagna. Qui si riscontra un notevole ritorno di villeggianti e turisti, con la ripresa degli affitti (in alcune zone addirittura stupefacente), combinata alla disponibilità di grandi spazi, che nella pratica ma anche a livello psicologico attirano le presenze di famiglie. Si sceglie di salire in altitudine dalla pianura e ne traggono giovamento un po’ tutte le attività, non solo quelle come detto immobiliari”.
Dadati però ha molto da dire anche sul settore delle fiere e in generale delle manifestazioni. “Distinguiamo anche qui tra attività fieristica propriamente detta, quella delle grandi sagre e infine i piccoli eventi locali. C’è stata un po’ di confusione a livello normativo, ora comunque possiamo iniziare a pianificare e dopo il lockdown che nel nostro settore è stato evidentemente totale si torna ad aprire alcuni eventi, mentre nel caso specifico di Lariofiere abbiamo lavorato a fondo per ripartire già alla fine di settembre – con un calendario che in pratica ripropone tutte le fiere cosiddette dirette ovvero quelle gestite dall’ente che presiedo, e pure alcune di quelle ospitate“.
E in prospettiva?
“Qui devo dire che l’emergenza Covid ha costretto un po’ tutti e ovviamente anche noi a ragionare sul futuro, pure in termini di aggiornamento e trasformazione. Faccio il caso proprio di Lariofiere, perché è quello che conosco più direttamente e osservo che accanto all’attività classica con la proposizione di grandi esposizioni dobbiamo immaginare di aggiungere e modernizzare la nostra offerta. A Erba Esiste un polo che ha una localizzazione strategica magnifica, un parcheggio di grandi dimensioni e può svolgere un ruolo diverso e più ampio”.
A cosa si riferisce, in pratica?
“Da tempo sto lavorando (e mi auguro di avere, come pare, l’appoggio dell’ente) ad un rilancio di Lariofiere in un senso come anticipavo più moderno e al passo con i tempi. Se il progetto che avevo in testa mi piaceva anche prima dello scoppio dell’epidemia, adesso che tantissime persone hanno scoperto e in alcuni casi sono state costrette a misurarsi con il telelavoro, lo smart working e in generale modalità diverse di svolgere la loro professione, mi convince ancora di più. In questa nuova era, ecco che l’idea di affiancare negli ampi spazi disponibili del polo fieristico una serie di servizi, rivolti proprio a chi adesso lavora diversamente da prima, può rappresentare in qualche modo una svolta”.
In che cosa consiste la sua idea?
“È un piano complesso, che prevede lo sfruttamento di volumetrie esistenti ed eventualmente la ristrutturazione di altre, mettendo a disposizione uffici, spazi comuni e servizi per coworking, lavoro smart, riunioni e quant’altro; quando parlo di servizi, che naturalmente andranno ad affiancarsi alla normale attività fieristica, immagino piccola ristorazione non in concorrenza con chi già se ne occupa professionalmente sul territorio, ma anche un nido per i bimbi, qualche chance di relax e in generale tutto quello che può permettere di migliorare la qualità – pure in termini di tecnologia – del proprio lavoro. È un progetto imponente, un’idea che se colta e soprattutto realizzata al meglio potrebbe rappresentare una vera e propria rivoluzione in questo settore che tanto ha dovuto subire a causa della recente pandemia”.
S.T.