LA LETTERA/”CHI AFFIDEREBBE MAI AD UN INGENUO LA SUA CITTA’?”

Egr. Direttore
magni sandroLeggo che per il Sindaco Brivio, siamo stati, al massimo, degli ingenui. Leggo sul vocabolario della lingua italiana: ingenuo uguale a  indigeno, innato, innocente, candido, non malizioso, ma anche dabbenaggine, semplicioneria, creduloneria, senza esperienza.  Come si può fare allora dell’ingenuità  un valore? Chi affiderebbe mai a un ingenuo il bene comune, la sua città?. L’ingenuità è un disvalore, soprattutto per chi si occupa di politica, ovvero del bene di tutti.

C’è poi un altro problema. Vera ingenuità o finta ingenuità ? Difficile disbrigarla la distinzione. Ma non datecela a bere. Visto che per certi versi da sempre si rivendicano furbizia ed esperienza. Ovvero il contrario della ingenuità, come requisito per il saper amministrare.

Passi l’esperienza, ma esperienza e furbizia non sono la stessa cosa. E il candore,  quello vero, alla fine vince sempre,  anche se non è ammesso in politica, che pretende, per responsabilità, merito ed esperienza. La falsa ingenuità invece evidenzia dal suo interno la sciatteria che la costituisce. La sua impoliticità. Incapace di vedere il bene comune. Attenta solo ai rapporti di scambio. Alla politica come contrattazione di interessi particolari. Ingenuità, in questo caso, forse come surrogato di una furbizia stupida. E segretamente onnipotente.

Alessandro Magni 
Consigliere Comunale