A DIFESA DELLE PROVINCE/LETTERA AI PARLAMENTARI LECCHESI

LECCO – Riceviamo e pubblichiamo questo documento rivolto ai parlamentari eletti nel Lecchese da parte del membro dell’RSU di Villa Locatelli Francesco Mazzeo. Sullo sfondo, la possibile imminente “morte” dell’istituzione-provincia.

Lettera aperta ai parlamentari lecchesi
Il 2 dicembre è previsto che la Camera inizi l’esame del disegno di legge “Disposizioni sulle Città
metropolitane, sulle Province, sulle unioni e fusioni di Comuni”. Al disegno di legge del Ministro Delrio sono stati presentati complessivamente più di novecento emendamenti da parte di tutti i gruppi politici; gli stessi relatori del disegno di legge (uno del PD e uno del PDL, o come si chiama adesso) hanno presentato, tra gli altri, un emendamento all’articolo 15, quello relativo alle funzioni delle Province, e gli originari sei commi sono diventati dieci. Le modifiche riguardano oltre al numero dei commi anche parte della sostanza della norma, e si muovono nella direzione di migliorarla. L’emendamento, tuttavia, seppure migliori l’originario testo del Ministro non privo di un certo “talebanismo”, lascia le province svuotate di molte loro funzioni. Il nuovo testo cita fra le funzioni della provincia: pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, tutela e valorizzazione dell’ambiente per gli aspetti di competenza, con particolare riferimento alla difesa del suolo; pianificazione dei servizi di trasporto in ambito provinciale, autorizzazione e controllo in materia di trasporto privato in coerenza con la programmazione regionale, costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale ad esse inerente; programmazione provinciale della rete scolastica, nel rispetto della programmazione regionale; raccolta ed elaborazione dati e assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali.

L’emendamento, inoltre, prevede che d’intesa con i comuni, la provincia possa provvedere alla gestione dell’edilizia scolastica delle scuole secondarie di secondo grado. Da quest’ultima previsione, contenuta nel secondo comma del testo emendato, mi sembra emerga tutta l’inadeguatezza dell’operazione, messa in piedi dagli ultimi due governi, e la natura vera di questo provvedimento rispondente all’azione propagandistica che lo sorregge, poiché non poggia su un disegno organizzativo di funzioni e soggetti deputati a svolgerle pensato e ponderato. Quello che oggi avviene in materia di edilizia scolastica sulla base di un assetto consolidato e definito dalle norme, domani potrebbe avvenire attraverso intese dei comuni con la provincia. Mi domando dove sia la ragione del cambiamento e qualora questo ci fosse dove sia il risparmio se si passa dalle attuali centosette province che gestiscono la materia ai circa millecinquecento comuni con scuole secondarie di secondo grado destinate a studenti provenienti dagli oltre ottomila comuni italiani.

Anche la nuova previsione contenuta nel terzo comma dell’emendamento sembra andare nella direzione di riconoscere che la realtà sia più complessa di quella che voleva fare credere il testo originario del Ministro: dall’obbligo di trasferire ai comuni e alle loro unioni le funzioni sottratte alle province si passerebbe ad un indirizzo più articolato, nel quale si riconosce di fatto l’esistenza di un’area di funzioni non polverizzabili fra i comuni e per le quali si deve prendere atto “che rispondono a riconosciute esigenze unitarie” e quindi devono essere gestite ad un livello appropriato, cioè quello regionale; oppure adottando “soluzioni gestionali e organizzative orientate all’efficienza e all’efficacia, ivi comprese, con intese o convenzioni, l’avvalimento e le deleghe di esercizio, valorizzando anche le autonomie funzionali”. Anche in questo caso sembra potersi fare la medesima considerazione fatta a proposito dell’edilizia scolastica: o rimane quello che c’è, oppure si ripropone la medesima cosa con altri soggetti, ad esempio le Camere di commercio. Anche per questo mi domando dove sia la ragione del cambiamento che si vorrebbe introdurre.

Per brevità mi limito agli aspetti indicati, omettendo di approfondire altri profili, che si pongono come macigni su questo disegno di legge e che riguardano gli aspetti finanziari (indicati come la principale ragione che guida “l’azione riformatrice”), per i quali rimando all’audizione della Corte dei Conti del 6 novembre scorso; oppure quelli di illegittimità costituzionale, per i quali rimando ai pareri espressi da tutti i costituzionalisti (tranne uno) auditi dalla Commissione Affari costituzionali della Camera lo scorso 23 ottobre. Per farla breve: la Corte dei Conti non ha trovato i risparmi di spesa che si vorrebbero conseguire, mentre eminentissimi costituzionalisti hanno dimostrato come l’operazione svuota province, nei modi in cui si vorrebbe farla avvenire, violerebbe ancora la Costituzione, come per ragioni diverse è avvenuto nel caso del decreto del Governo Monti, che la Corte costituzionale ha sanzionato con la sentenza dello scorso luglio.

Il risultato certo di questa norma è l’aumento quasi certo del caos istituzionale e dell’inefficienza
nell’erogazione dei servizi ai cittadini, a fronte della sola certezza che verrebbero aboliti gli organi politici di governo delle province espressione del voto dei cittadini.

Credo che nel momento in cui il Governo intende mettere in discussione un ente per la cui istituzione
tanto è stato fatto, dalle forze politiche, sociali e culturali locali, come cittadini ed elettori abbiamo il diritto di rivolgere ai Deputati e ai Senatori, eletti in questo territorio, la domanda di farci sapere qual è la loro posizione rispetto al disegno di legge in discussione e come intendono agire in parlamento.

Francesco Mazzeo
Dipendente della Provincia di Lecco e membro della Rappresentanza sindacale unitaria