DON GIOVANNI MILANI,
MEDITAZIONE NELLA TERZA
DOMENICA DI PASQUA

Giovanni, secondo il IV vangelo e già dal solenne prologo, “uomo mandato da Dio… per rendere testimonianza alla luce perché tutti credessero per mezzo di lui”: è il grande testimone del mistero di Gesù. “Non era lui la luce”, l’aveva chiaramente asserito di sé ai sacerdoti e leviti inviati dai farisei a chiedergli conto di chi fosse e perché battezzasse: è detto nei versetti immediatamente precedenti il brano che ci è posto innanzi. “Il giorno appresso” (siamo alla scansione simbolica, nel IV vangelo, della nuova creazione) inizia qui il nostro brano, sempre Giovanni “vedendo il Signore Gesù venire verso di lui” lo indica come “l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo”. Siamo agli inizi dell’intero scritto evangelico, ma già subito il Battista (il termine l’usiamo noi: il IV vangelo non l’appella mai così) delinea, la missione di mitezza sacrificale del Signore Gesù: “per togliere il peccato del mondo” in obbedienza al Padre. Gesù significativamente “viene” (ἐρχόμενον, è colui che viene), Giovanni lo riconosce come l’uomo (ἀνὴρ, ma, meglio, lo sposo) “che era prima”, cioè di maggiore autorevolezza, indicato da segno dall’Alto di chi lo ha inviato a battezzare.

L’immagine dell’agnello suscita eco sacrificali antiche: pensiamo subito a quello pasquale d’Egitto e agli oracoli, ancor più pertinenti il reggere, in portare su di sé il peccato del mondo soprattutto in Isaia, ma anche in Geremia (l’agnello condotto al macello) e ancora già lancia profezia sul sacrificio redentore di Gesù. Il Battista afferma – per noi meraviglia – non aver conosciuto quell’uomo, l’agnello; evidentemente non si riferisce a conoscenza umana d’incontro naturale; afferma invece la rivelazione dall’Alto in una “contemplazione dello Spirito discendere come colomba dal cielo e rimanere su di lui”: questo secondo avvertimento è ricevuto (da “colui che mi ha inviato a battezzare”).

Lo Spirito discende e rimane sul Signore che viene: la testimonianza di Giovanni si esprime in tutta la sua forza non solo vibrando sino all’affermazione che sia “il Figlio di Dio”, ma a qualificare lo stesso gesto del battesimo – suo e di Gesù – come significativa immersione pur affatto diversa (nella tradizione giudaica indicava radicale cambiamento di condizione e di vita quale il mutare da schiavitù a libertà). Giovanni afferma di sé stesso il suo battesimo sia solo d’acqua e propriamente annuncio: “perché egli (Gesù) fosse manifestato ad Israele”; quello invece di Gesù (l’uomo: ἀνὴρ, già lo leggiamo profeticamente sposo della umanità redenta) che benché lo segua nel tempo, lo precede in dignità: lui immerge nella singolare forza dello Spirito: è “lui che battezza nello Spirito santo”. 

 

Don Giovanni Milani