DON GIOVANNI MILANI MEDITA: QUARTA DOMENICA DOPO LA PENTECOSTE

“Il Signore Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: -Il regno dei cieli è simile a un re che fece una festa di nozze per suo figlio”. Il nostro testo evangelico domenicale inizia così, con evidente richiamo al dire di prima che era pure in parabole: quella dell’invito ai due figli al lavoro nella vigna e il racconto drammatico dei vignaioli omicidi. 

Nel dire di Gesù, ci sono simboli cui, per il loro ritornare, diremmo siamo abituati: prima quello della vigna, qui delle nozze, a dire, già dall’antico testamento, il legame di Dio che vuol essere felice con il suo popolo; poi l’invito – ripetuta immagine della cordialità, dell’amore – che sempre il Signore ha riversato sull’uomo. 

La nostra consuetudine con il vangelo ci può far rischiare di scorrere sulla narrazione della parabola con la superficialità che crede di leggere tutto come facilmente noto; così pretenderemmo di interpretare la parabola come la narrazione del rapporto storico di Dio con l’umanità, poi, più specificamente, con la centralità della vicenda umana di Gesù nel rifiuto del suo popolo. 

L’invito alle nozze ai primi – che paiono quasi in consuetudine con il re: rivolge infatti loro il primo invito –, l’attribuiamo al popolo d’Israele che già in antico più volte aveva rifiutato i profeti, primi annunciatori di salvezza, tanto più che quella reazione regale, così inaspettata e drastica di guerra, pare alludere alla distruzione storica di Gerusalemme nel 70. 

Il largo invito poi rivolto a tutti: cattivi e buoni, ci sembra – e certamente è – quello universale alla salvezza, alla partecipazione al regno, cui ognuno è indubbiamente chiamato dall’amore universale del Padre. 

Tutto qui? Certamente una lettura più attenta ci può dire di più e soprattutto ci riporta a riflessione meglio personale che ci parli più direttamente e non solo della vicenda storica del Signore Gesù. 

Qui è evidentemente delineata la cura ripetuta dell’amore di Dio, ma anche il ripetuto rifiuto – antico ed attuale – (consideriamo anche la parabola nella parabola dell’”amico”, come lo chiama il re, senza la veste nuziale che dice una necessità di risposta ed accoglienza personale di quell’invito, di quell’amore a noi riversato). 

C’è da riflettere sulla pretesa (anche nostra!) di saper bastare a sé stessi, di credersi autosufficiente dell’uomo, di poter fare a meno di Dio, di non aver bisogno d’inviti, dell’aiuto, della grazia, della salvezza in Cristo. Il male genera sempre dall’orgoglio che misconosce il chinarsi di Dio, del Padre, verso di noi, nella sua sempre ripetuta offerta d’amore. 

Il brano evangelico che ci è offerto, non parla solo della vicenda di Gesù, ma ci parla dell’universale nostra storia sempre incline, nell’orgoglio, al rifiuto dell’amore che ci offre il Padre nel suo continuo invito alle nozze: a partecipare alla sua gioia.

 

Don Giovanni Milani