DON GIOVANNI MILANI MEDITA NELLA TERZA DOMENICA DI PASQUA

Dopo quel gesto così singolare di prendere ruolo di servo e lavare i piedi ai suoi discepoli e l’uscita di Giuda, Gesù annunzia il suo staccarsi dei discepoli (“Figlioli, ancora per poco io sono con voi” Gv13,33) che evidentemente li lascia accorati. 

Ecco allora l’incipit del nostro brano con l’esortazione a non rimaner turbati per la sua partenza perché è in ordine a preparare loro un posto per un ritorno a prenderli con sé perché siano anche loro dov’è lui; Gesù afferma anzi conoscano la via per la meta di quel suo staccarsi temporaneo da loro. 

Questo parlare non riesce chiaro ai discepoli, ecco allora Tommaso a chiedere che lo chiarisca: “Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?” e Gesù a rispondere: “Io sono la via la verità e la vita”. 

Questa è la sesta volta che, nel vangelo di Giovanni, il Signore Gesù fa solenne affermazione di sé con il rivelarsi nell’”Io sono” (già aveva detto: il pane di vita, la luce del mondo, la porta delle pecore, il buon pastore, la risurrezione e la vita). 

Gesù è – qui si afferma – via, verità e vita; unica via: la vera strada di accesso al Padre per raggiungere finalmente Dio, vera meta di ogni spirito e d’annuncio evangelico, che rafforza dicendo: “Nessuno viene al Pare se non per mezzo di me”. 

È il Signore Gesù il mezzo fondamentale per arrivare a Dio, perché ne è presenza e rivelazione. 

All’immagine-realtà di Gesù “via”, strada (ὁδὸς) si aggiungono verità (ἀλήθεια) e vita. Verità, l’abbiamo trovato più volte nel IV vangelo: sappiamo non corrisponda all’astratto della filosofia, ma prova a dire la realtà profonda (i LXX traducono con questo: ἀλήθεια, ‘emeth ( )אמתche dice ciò che è stabile, certo, ciò che rimane uguale a sé stesso, e perciò anche ciò che è vero: la fedeltà di Dio). La “vita” poi, sappiamo bene, è la realtà prima di Dio, che è e dona, vita. 

Gesù è via, verità, vita perché piena rivelazione divina; anche l’afferma, infatti: 

“Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto”. 

Linguaggio oscura, per Filippo, allora il Signore prova a mostrare a lui (ed a noi ancora) come non solo sia inviato dal Padre per comunicare le sue parole ed agire nell’operare (“Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere”). 

Svela così la sua profonda unione con il Padre: “Io sono nel Padre e il Padre è in me”. Questo legame già lo faceva infatti affermare: “Chi ha visto me, ha visto il Padre”. 

La pagina che leggiamo, dopo la celebrazione pasquale, cerca di farci riflettere sul mistero della profonda unione di Cristo col Padre perché nella fede ce ne possiamo sentire partecipi in attesa delle “molte dimore” dove il Crocifisso-risorto potrà prenderci “perché dove è ‘Lui’ siamo anche ‘noi’”.

 

Don Giovanni Milani