DON GIOVANNI MILANI MEDITA
NELLA QUINTA DOMENICA
DOPO LA PENTECOSTE

Il tema del brano evangelico che ci è posto innanzi è quello del seguire il Signore; non possiamo negare ci susciti, a prima vista, qualche perplessità soprattutto nel tono perentorio del Signore Gesù che dobbiamo aver attenzione a leggere nel suo significato profondo, che certo qui non viene enunciato secondo il nostro modo abituale d’esprimerci, ma nelle forme antiche e vibranti, nei toni forti consueti all’antico a richiamare valori. Si illumina la lettura quando riusciamo a vedere quegli incontri, nel loro significato più alto che non sta tanto nel rapporto personale, nel battito dell’accaduto; piuttosto in una esemplarità che, qui sì, dev’esser letta nella sua assolutezza: non si tratta – in Gesù – di seguire una persona umana pur grande, è il seguire invece il Signore: Dio. Proviamo a confrontarci in modo più diretto col brano: il primo anonimo si propone lui stesso, Gesù di rimando indica, nel proprio modo di vita, non condizione solo esemplare, ma il vero andare a Dio, rinnegando sé stessi. Questo rinunciare – o meglio premettere – ad ogni legame personale e famigliare il seguire il Signore, è posto a riflessione con l’esempio della volpe sfuggente e della spigliata libertà degli uccelli: pure queste creature, che ci appaiono tanto libere nell’aria, cercano stabilità e rifugio, cura di sé; seguire il Signore ci è presentato come assoluto e primario in Gesù (già nell’antico lo possiamo vedere richiesto ad Abramo); l’entusiasmo di sequela di quel “tale”, come d’ognuno, deve trovare decisione pensata: la sequela del Signore avanti tutto.

Così dobbiamo leggere pure i successivi incontri con Gesù. Il secondo, invitato a seguirlo, vede il Signore Gesù mostrarsi più severo di Elia con il discepolo e successore Eliseo e la stessa severità pare anche nei confronti dei propositi del terzo cui è risposto con un rigore che anche qui, non possiamo negare ci meravigli. La domanda che sale alla mente è circa l’accoglienza e dolcezza di Gesù che abbiamo ammirato tante volte con i poveri e con i peccatori. Dobbiamo invece riflettere – innanzitutto sui toni di tenore profetico, per dare vibrato spessore alla materia – e più profondamente sull’intento educativo del Signore Gesù che qui cerca di fare trasparire, dal suo stesso agire, il grande, l’assoluto impegno a seguire il Signore, a dare primato a Dio. La nostra debole fede ha qui richiamo certamente forte: il Signore non vuole certo scoraggiare, ma sollecitarci a riflessione: nel seguire lui, nell’orientare la vita secondo l’assoluto che prospetta non la smarriremo, le troveremo invece senso pieno proprio nel diventare noi stessi capaci d’annuncio del regno.

 

Don Giovanni Milani