Il ritaglio di vangelo che ci è proposto sulle perplessità d’Erode, pare narrazione, quasi di passaggio tra l’invio e il ritorno degli apostoli cui Gesù vorrebbe riservare un po’ di tempo “in disparte, verso una città chiamata Betsaida”, ritiro fallito per l’arrivo delle folle desiderose di udire la parola, d’affidarsi alla cura del Signore Gesù. La scelta liturgica è in richiamo a Giovanni il Battista, qui centro di paure e riflessioni, colui che indica “l’agnello di Dio”: secondo la nostra tradizione il ricordo del suo martirio, ‘volge il tempo’ e dà alla liturgia continui temi di riflessione cristologica che troveremo nelle domeniche a venire. Di Erode, sappiamo stirpe e discendenza sanguinaria (che addirittura farà coniare parola: ἡρωδιἀζω (pron.: erodiàzo), con significato d’agire con malvagità pubblica): Idumei che s’erano inseriti nelle tradizioni ebraiche per acquisire potere. Comunque il testo così breve e apparentemente di raccordo, suscita buona riflessione, ci sollecita con la domanda su chi sia Gesù; interrogativo fondamentale. A porla erano arrivati primi i discepoli del Battista, Gesù aveva risposto, con richiamo a Isaia, a osservare le opere; qui è il tetrarca a farsela; poi il Signore stesso l’avrà a porre agli apostoli: Pietro ne esprimerà la fede.
“Erode sentì parlare”, da chi? Forse da Cusa, il suo amministratore, cui (secondo alcuni) Gesù aveva guarito il figlio e la moglie Giovanna, ne assisteva economicamente il gruppo. E “non sapeva che cosa pensare” (διηπόρει: che strada imboccare). Quante voci: “Giovanni è risorto dai morti” (preferisco con più forza: è stato destato dai morti!). “È apparso Elia” o “uno degli antichi profeti”; Eppure: “Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?”. “E cercava di vederlo”: la stessa espressione è per Zaccheo: ben altro l’esito. Lo vedrà il Signore, col risultato che conosciamo. “Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto, perché da molto tempo desiderava vederlo per averne sentito parlare e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui. Lo interrogò con molte domande, ma Gesù non gli rispose nulla” (Lc 23, 8-9). È evidente ci sia modo e modo di vedere, d’incontrare, con vera disponibilità personale o solo velleità da annoiati dal troppo avere, pieni sol di desideri che non escano da sé, che non sappiano incrociare lo spessore di quell’incontro. Gesù, Erode, l’aveva appellato “volpe”: animale d’astuzia per noi, ma insignificante nell’antico, al paio con gli sciacalli che si nutrono di cadaveri e frequentano rovine. Solamente uno sguardo di contemplazione può davvero incontrarlo il Signore: credo giunga qui in proposta alla nostra fede.
Don Giovanni Milani