Quanto ci è posto innanzi del vangelo di Marco in questa domenica è davvero molto denso di simboli e dei conseguenti insegnamenti. Tornato a Cafarnao Gesù “era in casa” – simbolo della Chiesa – “e annunciava (loro) la Parola”, l’annunciava a folla tanto densa che non v’era passo per altri d’entrata, così che gli intrepidi portantini (in verità elogiati per la fede, ma non ne è nominato se non il numero, il 4, l’allusivo numero del cosmo: portano la fragilità dell’uomo) smuovono coperture del tetto per calare dall’alto. Ci incuriosisce immediatamente che il Signore, per la fede, non del paralitico, ma di quelli, pronunci perdono dei peccati. Qui si possono moltiplicare riflessioni, ma subito ci è dato il grande tema del perdono che è insieme la missione stessa del Signore Gesù: il Figlio dell’uomo. Il termine, Figlio dell’uomo, qui per la prima volta usato in Marco, vela e svela umiltà e grandezza con allusione ai profeti, a Daniele: personaggio celeste e fragile uomo.
Ricordiamo, già in questa prima delle cinque controversie galilaiche, l’intento del secondo vangelo che è di annunciare chi sia Gesù; qui il Signore insegna e pure si annuncia; già vede nei cuori: la fede di chi reca il malato e il pensiero torvo degli scribi “seduti là”. È ancora da far memoria che la malattia era segno del peccato: addirittura si pensava punizione diretta alla persona (Gesù – vangelo di Giovanni – sfaterà la credenza, pur se dia qui modo anche alla polemica non screditando quel pensare), invece lancia annuncio di sé e del proprio messianismo umano divino di grazia e perdono. Al pensiero degli scribi, Gesù getta sfida in questa narrazione di miracolo (che è l’unico in cui annunci perché lo faccia: “Perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra”); infatti propone: “Che cosa è più facile: dire al paralitico «Ti sono perdonati i peccati», oppure dire «Alzati, prendi la tau barella e cammina»?”.
È certo più facile dire ciò che non si possa constatare, ma Gesù dimostra con l’operare: appunto quel gesto di potenza divina. È il primo contatto con i rappresentanti ufficiali della religione, gli scribi che pensano alla bestemmia e come bestemmiatore finirà per essere ucciso, proprio dal mondo ufficiale della religiosità. Il Signore pronuncia quel comando: “Ἔγειρε: alzati, sorgi”; la parola qui ripetuta, ha valore di richiamo e anticipo: è la stessa che i vangeli useranno per la resurrezione di Gesù.
Gesù mostra in questo miracolo il suo potere divino; annuncia la propria missione diperdono. Il perdono è divino: è l’amare cioè senza condizioni, oltre misura, sin a poter apparire – al nostro esiguo modo d’intendere la giustizia come assegnazione retributiva – fin negazione del giusto.
Don Giovanni Milani