Tutt’e tre i sinottici, narrano della trasfigurazione subito dopo l’affermazione del Signore: “In verità vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non moriranno, prima di aver visto venire il Figlio dell’uomo con il suo regno” (Mt 16,28): tocca a Pietro Giacomo e Giovanni salire su quel monte della gloria dove quella predizione e promessa trova compimento.
L’evento è tutto di luce, anticipo della Pasqua del Signore, del Regno e insieme, in quel luogo di rivelazione divina, l’”alto monte in disparte”, di allusivi richiami all’AT, subito salgono alla mente l’esperienza d’Elia ed il volto raggiante di Mosè. “Il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce”. Là sul monte il Signore Gesù, come sole, illumina ed abbaglia: svela la gloria, il fascino dello splendore divino, la lucente bellezza della sua inesauribile vitalità ed abbacina il fragile vedere umano. Pietro vorrebbe fissare quel momento, renderlo stabile con tre capanne, perché quell’estasiante bellezza possa essere esperienza costante, ma la gloria che trasfigura l’umanità del Signore Gesù è contemplazione di quanto solo poi sarà definitivo, solo dopo aver attraversato il “Soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso”, come poco avanti, lui stesso annunziava.
Quell’esperienza sul monte è per i tre anticipo, indicazione, conforto e rivelazione, della vita piena e risorta della pasqua; il cammino verso la Gerusalemme di sopraffazione e di morte conduce anche oltre: a quella pienezza e gloria. Il centro della rivelazione, non è però solo nella presenza accanto al Signore dei grandi del primo Testamento: Mosè ed Elia che attestano continuità ed anzi indicano come ogni rivelazione antica – di legge e profeti – trovi il suo compimento proprio qui, in Gesù; “una nube luminosa (la Shekinah della presenza) li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: – Questi è il mio Figlio, l’amato (ἀγαπητός): in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo!”. È voce del Padre che proclama quanto già affermato alla sottomissione umile di Gesù tra i peccatori al battesimo di Giovanni e qui ripete in questo sfolgorante momento di anticipata gloria: l’approvazione paterna si mostra piena nel momento dell’immersione totale nella fragilità dell’umano come in questa gloria che è meta dell’azione di salvezza del Signore Gesù. Qui però, non solo dichiara approvazione nei confronti del Figlio, aggiunge esortazione ad ascolto, accoglienza.
L’esperienza singolare e mistica dei tre in contemplazione è solo anticipo e segno di una pienezza ventura, non ancora possesso e pienezza come vorrebbero; quella voce solo dopo “che il Figlio dell’uomo sia risorto dai morti” dovrà esser comunicata al mondo, a noi con quell’esortazione a mettersi in ascolto di Gesù.
Don Giovanni Milani