DON GIOVANNI MILANI MEDITA
NELLA DOMENICA
DELLA DEDICAZIONE DEL DUOMO

Gesù, scegliendo quel segno di simbologia profetica nella mite cavalcata sull’asinello, è arrivato a Gerusalemme; le folle subito l’hanno acclamato e riconosciuto come il Profeta (lo si dice anche nel nostro brano: “Questi è il profeta Gesù, da Nazaret di Galilea”). La nostra narrazione inizia con il suo ingresso nel tempio. Qui, con gesto forte, affatto sorprendente – anche per noi –, che pure continua e rende ancor più sensibilmente incisivo il richiamo profetico tanto che Matteo annoti come lo stesso Gesù faccia lì duplice esplicito richiamo ai profeti: “Sta scritto: «La mia casa sarà chiamata casa di preghiera”. Voi invece la fate un covo di ladri». (L’affermazione è di Isaia, mentre l’allusione ai ladri ci riporta Geremia).

Il gesto, d’imprevedibile violenza, lo scacciare venditori e compratori dal tempio e rovesciare le tavole dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe, è detto della purificazione del tempio e però ha significato e insegnamento anche ben più profondo.Non è solo richiamo a culto di vera interiorità: il tempio e, meglio, il culto, è rinnovato, anzi fatto nuovo, nella persona stessa di Gesù Salvatore in lui solo si offrirà l’unico ed eterno sacrificio di salvezza. L’insegnamento profetico ci dice che Dio non è quello che vuole sacrifici, ma vuole misericordia: presto si rivelerà misericordioso donando lui stesso la vita in sacrificio per l’uomo.Nella linea di misericordia universale è la narrazione del solo Matteo tra i sinottici dell’avvicinarsi a Gesù nel tempio di ciechi e storpi “ed egli li guarì”. Matteo, sempre con eco d’AT, qui parla di ciechi e storpi facendo velato richiamo all’inabilità di ciechi e storpi al sacerdozio del tempio dichiarata nel Levitico (Lev 21,16-21) e forse a quello di Samuele (2 Sam 5,6) in polemica con “i capi dei sacerdoti e gli scribi” polemici avversari di Gesù: sono loro ormai difesa del Signore che li guarisce.Nel tempio pure ai fanciulli è data voce profetica verso il Signore: “acclamavano nel tempio: «Osanna al figlio di Davide»”.

Capi e scribi si sdegnano esortando il Signore Gesù a fermare quell’acclamazione gloriosa, ma son messi a tacere col richiamo ai Salmi (8,3) e alla Sapienza (10,21).Il brano termina con la nota descrittiva: “li lasciò, uscì fuori dalla città, verso Betania, e là trascorse la notte”: commentatori più raffinati sottolineano: “Gesù che è entrato in gloria nella città e nel tempio, ora lascia la città, lascia il tempio e fugge a Oriente, come aveva visto Ezechiele la gloria che fuggiva, a Betania, alla casa del povero, e lì passerà la notte”. (p. Filippo Clerici e p. Silvano Fausti)

Dedicazione del Duomo di Milano – Chiesa madre di tutti i fedeli ambrosiani.

Don Giovanni Milani