DON GIOVANNI MILANI MEDITA: DOMENICA CHE PRECEDE IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL PRECURSORE

Già l’altra domenica il brano evangelico era preso dal cosiddetto discorso apostolico del capo 10° di Matteo: allora si trattava dell’invio dei Dodici (ed emblematicamente di ogni discepolo), quel discorso proseguiva poi prospettando le difficoltà della missione. Anche nel nostro brano troviamo seguito a quelle parole, soprattutto è messa a tema la testimonianza dell’apostolo nei confronti di Gesù. 

Ma il discorso prosegue sempre men legato, come era all’inizio, specificamente ai Dodici e con sempre maggiore incisività, si rivolge ad ogni discepolo, a ciascuno che segua il Signore, perché l’andargli dietro sia scelta radicale. 

L’esortazione iniziale della nostra lettura, che continua ad indicare difficoltà e fatiche nel seguire Gesù, è a non “aver paura” nemmeno di chi possa “uccidere il corpo” ma non ha potere del profondo dell’uomo. L’esortazione a non aver timore poggia sulla fiducia nel Padre che, è facile osservare, fa conto dei passeri di così esiguo valore e addirittura numera i capelli in testa al discepolo. 

Come Gesù, per la propria missione – ce ne parla Marco – ha attuato distacco totale dalla sua famiglia, dal suo clan (realtà tanto determinanti nel tempo e nel popolo giudaico), così indica pretesa anche nella radicalità di chi lo segua. È evidente che il Signore, non voglia promuovere rivoluzioni sociali, piuttosto desideri indicare il valore assoluto (che come abbiamo visto supera lo stesso valore del corpo, della vita) dell’aderire al suo messaggio. 

Il Regno è il valore assoluto cui ogni cosa va posposta: anche i legami più naturali e “sacri”, quali quelli che legano “l’uomo a suo padre e la figlia sua madre” sono di peso inferiore. Qui Gesù si pone centro di riferimento per chi decida seguirlo e ne diventi degno nella radicalità della decisione. 

Per la prima volta nel vangelo appare qui la parola: σταυρὸν (palo, nelle Scritture: croce) che ci riporta all’esemplarità del Signore Gesù. 

Il prendere la propria croce nel Seguire Gesù, non mi pare immediato riferimento alla crocifissione, piuttosto, nel cammino di testimonianza, al percorso verso il supplizio quando il condannato, caricato dello σταυρὸν (il patibulum latino, l’asse traverso della croce) era sottoposto al ludibrio irridente e violento della folla, ben significativo, nel seguire il Signore, del cammino controcorrente rispetto al mondo. 

Poi Gesù torna all’inizio del suo parlare, all’invio dei Dodici e del discepolo e a quando sia accolto come ospite nella sua identità più vera – che non è la personale –, ma quella dell’adesione al Signore: è lui che nel discepolo è veramente accolto, anche con gesto minimo del prestare “un solo bicchiere d’acqua fresca ad uno di questi piccoli perché è un discepolo”. 

Il discepolo nella radicalità della sua scelta reca presenza del Signore Gesù: credo sia questo l’invito che in questa liturgia sia rivolto a tutti noi, alla nostra riflessione.

 

Don Giovanni Milani