La nostra tradizione, che la scorsa settimana ha celebrato la festa della dedicazione del Duomo, medita il mandato missionario come la Chiesa tutta ha già fatto la domenica passata.
Quanto ci è proposto sono gli ultimi versetti del vangelo di Marco nella cosiddetta “versione lunga”, e a considerar bene, ci impegna in modo piuttosto diretto non solo nella riflessione.
Il brano inizia con il rimprovero del Signore risorto agli undici sospesi e un po’ spaventati per la loro mancanza di fede nelle testimonianze di chi già l’ha incontrato risorto. Ma proprio a loro così incerti e fragili affida la proclamazione aperta e vasta del suo annuncio: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura”.
Questo può sorprenderci, ma più ci deve fare riflettere, infatti capiamo come i primi destinatari del Vangelo siano gli stessi che lo devono annunciare: siamo noi stessi, già con le nostre fragilità, ad essere promossi dal Signore Gesù al suo annuncio. Il messaggio di Gesù risorto presenta a tutti, a cominciare dagli annunciatori della Parola, una scelta che non lascia in indifferenza pacifica, ma impone l’opzione di fede per la salvezza, il cui rifiuto sarebbe condanna.
Gesù parla dei “segni che accompagneranno quelli che credono”. Sono i segni della sua presenza come sottolinea l’ultimo versetto che rileva la predicazione “dappertutto”, in ogni luogo e situazione: “mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano”.
È interessante considerare i segni indicati dal Signore Gesù dove si enumera la liberazione dai demoni, dalla malattia ma, notiamo anche, da un male che ci aggredisce, ma non riesce a farci danno. È il potere del male, nel suo profondo che è vinto dalla Parola: la fragilità debole dell’umano rimane (non ci è tolta la nostra natura), ma la virulenza del male che corrompe in profondo è fermata dall’annuncio di fede.
Tra i segni v’è quello dichiarato così: “parleranno lingue nuove”, è accaduto in senso fisico, come attestano glia Atti, ma, come dice bene Luca, è segno tipico delle Spirito parlare lingue, da intendere piuttosto come capacità di interpretare la realtà in modo nuovo alla luce del Signore Gesù risorto, nella creazione nuova che tutto reinterpreta, anche la fatica e il dolore, che pur possono rimanere, hanno senso nuovo.
Il nostro agire è impegnato nella missione, nell’annuncio, non perché procede da una perfezione umana o di fede, proprio nella fragilità ed incertezza della nostra condizione siamo promossi dalla misericorde benevolenza del Signore ad essere suoi annunciatori, certi dell’efficacia non della nostra parola, del nostro agire, ma del suo “agire con noi” che è la grazia che sa e vuole dare dignità anche alla nostra esiguità di seguaci del Signore.
Don Giovanni Milani