LECCO – 50 anni fa la frana del San Martino che travolse una casa causando sette morti e diversi feriti. Era la notte del sabato grasso, tra il 22 e il 23 febbraio del 1969, ed un boato sveglio tutta la città.
Sull’edizione lecchese de Il Giorno, a firma Angelo Panzeri, la ricostruzione di quelle tragiche e concitate ore.
Un’enorme massa di sassi, detriti e terra si staccò dal San Martino, la parete che incombe sul rione Santo Stefano e finì contro un edificio di due piani in via Stelvio. Ci furono sette vittime e diversi feriti. Lecco balzò sulle cronache di giornali e televisioni per il San Martino, “il monte marcio”. Tra i primi ad accorrere sul luogo della tragedia ci fu Andrea Ratti, geometra e allora tecnico comunale: “Pur essendo notte fonda capimmo subito la gravità della situazione e la macchina dei soccorsi si mise subito in moto”.
L’abate Antonio Stoppani, più di un secolo prima, descrisse il San Martino dalla sua abitazione dell’allora piazza Mercato, oggi piazza XX Settembre, nel cuore del vecchio borgo di Lecco: “Su quella parete a strapiombo, si alza a scaglioni giganteschi, formando di tratto in tratto pianerottoli e piani inclinati sempre intramezzati da altre pareti a picco. Da mezzodì, ove la montagna è più nuda, sporge innanzi la fronte e nel bel mezzo di questa si apre un antro spaventoso, come una gran cicatrice o come l’occhio di Polifemo”.
Il San Martino è sempre stato una minaccia: una frana si staccò nel tratto impervio di parete sovrastante via Stelvio, la zona residenziale Santo Stefano-viale Turati già nel gennaio 1967. Minacciava la città e la prima operazione di disgaggio venne rinviata per una copiosa nevicata. L’esplosione avvenne il 25 febbraio: vi fu uno spiegamento di uomini e di mezzi con i lecchesi che assistettero all’operazione con il fiato sospeso nella zona nord della città, in quel perimetro della cosiddetta “zona rossa”, confine fra pericolo e sicurezza. Il campo base allestito in via ai Pini e il 25 febbraio venne polverizzato il macigno che incombeva su Lecco. Schegge di roccia si dispersero nei canaloni del San Martino. Nel 1968 altri sassi finirono sulla statale 36, mentre il 22 febbraio 1969 verrà ricordato per la grande tragedia.
Il ricordo, oltre alla mobilitazione e a una città che nel giorno dei funerali si fermò abbracciando il corteo funebre, è stato l’avvio dello studio del monte marcio da parte dei geologi. Oggi la zona è completamente trasformata per i lavori del vallo paramassi, la vegetazione ha coperto sassi e ghiaia, ma il San Martino rimane l’osservato speciale.
Immagini gentilmente concesse dall’archivio storico Carlo Cardini, riproduzione riservata