CARTA VETRATA/MINARETO: IL DIO DI TUTTI (IL DIO DI TUTTI GLI ALTRI)

LECCO – Mi sembra di vedere l’erba più verde nel giardino del vicino in questo clima che non è ancora inverno e non è più estate. Vedo infatti in Piazza leghisti e fratelli di figli unici prestati alla politica dei luoghi comuni.

Stai lavando i piatti e guardi fuori dalla finestra del tuo tinello. Non vedi più nemmeno le montagne, la luce artificiale di lampadine – che non si riescono più a vendere e tantomeno a fare – si infrange sul muro e sugli specchi del supermercato di fronte, non senti più il vociare mattutino delle corriere e del treno che aprono le porte alle onde del mare in tuta blu.

Lì dove c’era il porto ora ci son mattoni uno sopra l’altro, infiniti, volgari, e nessuno scioglie più le vele come i pirati, con navi cariche di ponti di ferro, tralicci della luce, fili di vergella forgiati da esperti tirabagia.

Mi sembra di sentire il rumore di una nave sulle onde del lavoro, della tradizione lecchese ed invece son carrelli della spesa che girano e sbattono anche la domenica, il vento tra palazzoni e case che han rubato il lavoro e son vuote come i portafogli di chi le guarda.

Ci han saccheggiato gli stessi che abbiamo votato. C’è rimasto il Resegone dopo aver perso anche il Manzoni e gli eredi di tutto questo ora si spaventano, si armano, temporaneamente spostano le fette di salame dai loro lobi oculari e banchettano in Piazza contro una torre, un campanile. Un minareto.

Un minareto che spaventa la loro paura. La loro paura di accorgersi che non han più consenso. Che peggio sono inutili e dannosi. I nostri bimbi vanno a scuola con Amed, Hè, Ibra, Luca, Dior e parlano inglese, dialetto, due parole di arabo e intanto i fratelli di figli unici e un politico con l’Italia dei valori populisti più che popolari, non vogliono un Minareto perché sono per la tradizione.

La battaglia contro il Minareto di Lecco, per usare una metafora apprezzabile anche da Leghisti, Fratelli tricolori di figli unici e dal consigliere Venturini, sembra un signore in smoking che rutta. Così che il rumore si senta, se possibile, non sul Resegone ma per lo meno sulla stampa locale.

Chissà se questa politica più interessata a contrastare l’innalzamento di un Minareto che ad innalzare la qualità della vita dei suoi cittadini, riesce a capire che ritagliarsi qualche momento di preghiera è sacrosanto. Naturalmente, resta da decidere chi e cosa pregare e in quale maniera farlo.

Quello che questi politicastri in debito di consenso non arrivano a pensare è che la preghiera è forse il linguaggio più libero e incoercibile di cui l’uomo disponga.

Si può pregare sdraiati, seduti, in piedi, guidando e camminando. E il bello è che lo si può fare ovunque: dicono, a volte, addirittura nelle chiese (di ogni religione) sotto campanili e minareti. Ma è meglio all’aria aperta.

E non avendo argomenti intelligenti, che non ci sono, parlano di mancata reciprocità.

Li senti con il loro banchetto in Piazza, aperto per l’obolo del consenso non informato: “Ma loro cosa vogliono? Nei Paesi musulmani non puoi pregare se sei cattolico. Non puoi aprire una chiesa di Roma”. (qui i leghisti in realtà si confondono e tartagliano)

A me – sarò una casalinga vecchio stampo – la reciprocità non piace come parametro di giustizia. Uno non dovrebbe fare una cosa giusta solo perché l’ha fatta l’altro o tantopiù non farla perché l’altro non l’ha ancora fatta. La giustizia è giustizia a prescindere.

Qui a Lecco ci son migliaia di cittadini fedeli ad Allah. E’ giusto che abbiano un luogo degno dove pregare il loro Profeta. Non per reciprocità, ma per giustizia, perché è semplicmente, ordinariamente giusto.

Ma i politici di Lecco si sono affrettati, più velocemente del prevosto Cecchin, paradossalmente, a dire che loro non lo vogliono un Minareto e non lo vuole nemmeno il Sindaco di tutti: “Né ora né mai”.

Di tutti? Che dio lo fulmini. Il dio di tutti gli altri.

C. V.