BEVERA DI SIRTORI – Un racconto da sogno, il racconto di un sogno. La sintesi della narrazione con cui l’alpinista Simone Moro ha coinvolto l’immane platea presentatasi questa sera, mercoledì 6 luglio, a Bevera di Sirtori. È un augurio quello promosso dall’alpinista, un felice inverno, così come siamo soliti augurare ‘Happy New Year’ o ‘Happy Birthday’, così il titolo insolito della serata che ha il sapore di una speranza, che spiega cosa si porta a casa da imprese come quella del Nanga Parbat: la fortuna di potersi cercare le difficoltà e non incomberci accidentalmente.
Simone Moro, con il suo “Happy Winter”, ha raccontato come il suo sogno verta sul cercarsi delle sfide, così “l’augurio va all’85/90% di possibilità di non farcela, perché simili spedizioni hanno una probabilità di riuscita del 10/15%. Ho la fortuna di fallire tante volte, ma l’obiettivo che mi pongo è quello di raccontare come si possa arrivare a pensare di raggiungere in Nanga Parbat d’inverno, in quanto il percorso che mi ha portato fin li, spesso sottovalutato, ha lo stesso valore del raggiungimento di quegli 8.125 metri”.
Simone Moro, nonostante non abbia voluto sfoggiare il proprio curriculum, va ricordato per essere riuscito a realizzare il 26 febbraio 2016 la prima salita invernale al Nanga Parbat, una spedizione portata avanti con lo spagnolo Alex Txicon e il pakistano Ali Sadpara, mentre purtroppo l’italiana Tamara Lunger, quarto membro della spedizione, si è fermata a soli settanta metri dalla vetta. Moro è il primo ed unico alpinista ad aver salito in inverno quattro ottomila e ha incontrato i lecchesi ricordando come non solo le grandi imprese forgiano un atleta come Simone, ma occorre apprezzare il percorso per godersi il risultato.
“Per fortuna – continua Simone – l’alpinismo non è uno sport, è libertà. Niente federazioni, gare o campionati, ma tanta creatività e l’acquisizione di umiltà. Consiglio a tutti lo sport per riappropriarsi della propria libertà”. Da alpinismo di performance, con tanto di skyrunning, agonismo e gare di arrampicata, Simone si è poi convertito all’alpinismo invernale, ma la conclusione, ad ogni vetta, è la medesima: “la cima è una sensazione di piccolezza, non di onnipotenza”.
Le immagini della spedizione in Pakistan e i racconti del protagonista hanno immerso il pubblico in un’aura di fascino e rispetto per il mondo che ci circonda. La salvaguardia dell’ambiente al primo posto, ma parallelamente a quella dell’uomo, in quanto le due entità sono imprescindibili l’una dall’altra. In merito al rispetto per la vita umana è stato promosso un sentito raccoglimento in onore a Claudio Cappelli, residente a Barzanò e vittima dell’attacco terroristico a Dacca, in Bangladesh, dell’1 luglio.
Martina Panzeri