LOMBARDIA – Da molti considerato una nuova e del tutto singolare ‘Guerra Mondiale‘, l’avvento del Covid-19 è destinato a influire a lungo sulla nostra vita di tutti i giorni. Una delle regioni più colpite dalla pandemia è proprio la Lombardia, dove da mesi si stanno mettendo a dura prova non solo il sistema sanitario, ma anche l’economia, il turismo, la ‘pazienza’ dei concittadini e molto altro.
Il ‘conto’ del virus sarebbe potuto essere ancora più salato se non fossero entrate in gioco tutte quelle realtà del terzo settore e di volontariato che hanno agito in prima linea sia nell’ambito sanitario sia in quello sociale. Da una ricerca condotta da CSVnet Lombardia, emerge come tutto ciò che è accaduto in questi mesi ha ‘obbligato’ questi enti a ripensare ad approcci e modalità di intervento, spingendo ad ampliare i campi d’azione e a escogitare nuove idee per il futuro.
Stando alle analisi, il 70% delle organizzazioni del terzo settore è rimasto attivo, ovviamente dovendo operare spesso in maniera del tutto diversa da quanto le varie realtà fossero abituate a fare. Tra queste, la maggior parte (55%) è rappresentata da gruppi di volontariato, mentre la percentuale restante è suddivisa in associazioni di promozione sociale, cooperative, enti religiosi ecc. La metà degli enti intervistati ha svolto attività inerenti all’emergenza (come i servizi di consegna a domicilio di beni di prima necessità) e indirizzate prettamente alle fasce più colpite (anziani, malati, disabili). Uno degli ambiti maggiormente messo in disparte è stato quello educativo/culturale, dove si è assistito ad un vero e proprio tracollo.
Tra le note più liete c’è stata la grande collaborazione tra il volontariato e i singolo Comuni (impegnati in prima linea nel fornire sostegno e materiale alle diverse associazioni) oltre che l’impegno in prima linea di una fetta di cittadinanza che non si era ancora impegnata con azioni di collettività, come dimostra l’impressionante dato dell’87% di ‘nuovi’ volontari tra quelli operanti.
Meno tranquillizzanti sono invece le analisi sul futuro prossimo di civili ed enti intervistati. Se da un lato si prospetta una quasi inevitabile crisi economica con il conseguente aumento della povertà (più della metà degli intervistati prevede una riduzione delle proprie entrate pari al 50%), dall’altro non verranno messi a tacere neanche i problemi sociali in arrivo, primo fra tutti la paura della solitudine che si teme possa rivelarsi un fattore di rischio per molte persone.
La ripresa che ci si aspetta nella fase post-covid sarà tutt’altro che semplice e veloce. Uno dei punti di partenza è la collaborazione locale tra terzo settore e pubblica amministrazione, che si spera sarà in grado di affiancare i Centri di Servizio, punti di riferimento ancora più essenziali per tutte le associazioni del terzo settore e del volontariato.
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