OGGIONO – La prima edizione della Piccola Rassegna di Teatro a Oggiono si è conclusa sabato 1° agosto con lo spettacolo Un’ora di niente di Paolo Faroni. La kermesse organizzata dall’amministrazione comunale con la supervisione artistica di Stendhart, compagnia teatrale e scuola di danza e teatro, ha permesso agli oggionesi di riassaporare un po’ di cultura nell’estate post-lockdown con la splendida cornice del parco di Villa Sironi. Il programma della manifestazione è stato pensato per offrire esperienze teatrali inedite e di qualità in grado di coinvolgere e appassionare tutti i tipi di pubblico.
Dopo Parole, parole, parole, uno spettacolo dai risvolti fiabeschi e poetici adatto anche a bambini e ragazzi e dopo Superhero, un monologo targato Stendhart dai contenuti altamente emozionali, per il terzo e ultimo appuntamento l’attore piemontese Paolo Faroni ha portato in scena un monologo comico in pieno stile stand up comedy offrendo ai presenti l’occasione per risate fragorose e riflessioni profonde al tempo stesso. Con un linguaggio e un’ironia molto diretti, senza fronzoli e peli sulla lingua, Faroni ha affrontato Il tema universale dell’amore, analizzato in tutte le sue sfaccettature, dal suo lato più romantico e poetico a quello più viscerale e concreto fatto di pulsioni animali e piccole ossessioni. Il ritmo incalzante e serrato e il linguaggio colorito hanno coinvolto il pubblico senza soluzione di continuità per un’ora di riflessioni sulla natura umana, in un’intelligente e spregiudicata commistione di riferimenti letterari e filosofici, sentimenti nobili e istinti ferini.
Paolo Faroni è originario di Casale Monferrato, si è diplomato in regia teatrale alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano nel 2003 ma scrive testi originali da sempre. Ha lavorato per sei anni con Paolo Rossi e con il suo ultimo monologo Un’ora di niente ha vinto il concorso Standup Valenza ed è stato semifinalista al Premio Troisi nel 2019.
Paolo, la tua compagnia si chiama Blusclint, ci spieghi il significato di questo nome?
Può sembrare un nome inglese, ma viene dal dialetto piemontese e si usa per indicare il cielo terso, limpido, senza una nuvola. Rispecchia abbastanza bene la mia drammaturgia che è diretta, senza orpelli e sovrastrutture, direi pure viscerale.
Anche Un’ora di niente rispecchia fedelmente il tuo modo di scrivere e di esprimerti sul palco?
Assolutamente sì. Il monologo si ispira alla comicità della stand up comedy, intelligente, arguta e sofisticata anche nel suo essere semplice, diretta e a volte cattiva. Non segue però il modello classico della stand up eseguita con microfono e sgabello o quello che si vede in televisione, che trovo molto spesso raffazzonato, scontato e molto distante dalla scuola americana e anglosassone per ovvi motivi culturali e linguistici. Cerco sempre di fare un discorso personale e articolato, utilizzando una prosa teatrale e un linguaggio non prettamente colloquiale ma attento alla scelta di un lessico e alla creazione di un ritmo fuori dall’ordinario. Cerco di rendere spontaneo e vivibile dal pubblico questo tipo di linguaggio attraverso una costruzione teatrale che renda il messaggio chiaro e comprensibile. Una prosa concreta e letteraria al tempo stesso. Sfrutto il piacere personale della scrittura per distaccarmi da quello che fanno gli altri e rendere più personale ciò di cui parlo. Senza nessuna pretesa di intellettualità ma cercando di costruire un rapporto di fiducia con il pubblico e avvicinandolo a quello che è il mio stile, il mio modo di sentire e raccontare le cose.
Come è nata l’idea di questo monologo e come hai sviluppato le tematiche che affronti?
Lo spettacolo nasce da un prologo in cui metto nero su bianco il fatto che non sapevo di cosa parlare, infatti il titolo Un’ora di niente nasce proprio da questo. Ovviamente poi quel niente è diventato qualcosa. Il tema principale è il conflitto tra spirito e natura, tra amore come sesso e semplice atto riproduttivo e lo scarto che l’uomo fa idealizzando l’amore come sentimento puro, nel tentativo di sottrarsi all’istinto e alle leggi della natura che lo vorrebbero uguale agli altri esseri viventi. Queste due posizioni convivono in costante conflitto all’interno dell’uomo. Nel momento in cui scelgo di parlare del divario tra carne e spirito, tra elevazione poetica e pulsione naturale ovviamente vado poi a toccare elementi e situazioni concrete che tutti conosciamo e abbiamo sperimentato nella nostra vita, che poi nell’arte diventano modelli e archetipi narrativi dal valore universale: amore, passione, gelosia, invidia, ambizione.
Come hai trascorso i mesi di lockdown e di pausa forzata dal lavoro sul palcoscenico? Sui tuoi profili social ti sei dedicato anche al disegno e alla realizzazione di fumetti se non sbaglio…
Io amo disegnare, spesso realizzo da solo le locandine dei miei spettacoli come quella di questa sera dove, prendendo spunto dal disco dei Clash in cui il bassista rompeva il basso, io invece sfascio l’asta del microfono. Durante il lockdown ho rifiutato qualsiasi approccio virtuale al teatro. Ho preferito rimandare tutti i progetti e i miei corsi a quando sarà possibile farli dal vivo, ho rinunciato anche a proposte di spettacoli in streaming online perché non riesco proprio a concepire questo tipo di approccio. Mi sono messo a disegnare perché il disegno si può condividere liberamente e fruire anche online. Ho creato delle storie a episodi su un mondo distopico in cui la pandemia non finisce mai e per combattere la mancanza di disciplina dei cittadini vengono assoldati dei cecchini per sparare a tutti quelli che violano il lockdown uscendo senza un buon motivo. Una di queste storie ha vinto un concorso online di fumetti ed è stata pubblicata su un sito di teatro. Nel frattempo ho anche scritto il mio prossimo spettacolo, in previsione sempre di una performance dal vivo la prossima primavera. Creativamente ho vissuto la quarantena in maniera molto produttiva e ho anche avuto la fortuna di tornare subito sul palcoscenico il 20 di giugno poco dopo la riapertura dei teatri e anche a settembre ho già diverse date programmate.
Fabio Ripamonti