STORIE DELLA LINGUA ITALIANA:
IL MARTELLO CONTESO

enhanced-buzz-wide-30133-1444300183-7La storia di oggi ha radici lontane. Andremo a parlare di un noto fabbro del re macedone Alessandro Magno. Alessandro, vissuto nel 350 a.C., era noto per le sue doti di grande condottiero, egli è celebre per aver conquistato in soli 12 anni l’impero persiano dall’Asia minore all’Egitto, fino ai confini della Cina.

Ebbene, le sue doti di grandezza non adducevano solamente alla vastità del suo impero, la sua stessa dimora era colma di ricchezze, per tanto Alessandro affidò al suo fabbro l’onere di proteggere la reggia con i migliori stratagemmi a disposizione. Inventiva e innovazione siderurgica sarebbero state alla base della strategia di protezione messa in atto dall’artigiano.

Dopo ore ininterrotte di lavoro nella propria officina, tra il caldo asfissiante e la fatica, il fabbro giunse ad una conclusione e allestì un reticolato in ferro battuto lungo tutto il perimetro dell’abitazione, bloccato da una pesante cancellata. Ora il problema principale consisteva nel fabbricare il tutto in solitaria. La fatica e i tempi stretti aumentarono la pressione del fabbro, inibendogli la possibilità di portare a compimento il lavoro, egli, giunto al culmine del proprio fabbricato, schiacciò la mano destra sotto il martello, perdendone l’utilizzo. Il fabbro rimase schiacciato tra il culmine e il martello, difatti l’apice del proprio lavoro ne decretò al tempo stesso il termine.

Alessandro Magno perdette così la possibilità di proteggersi a dovere e venne sconfitto dai persiani nella battaglia di Isso. E purtroppo non vissero tutti felici e contenti.

In realtà non è così che finì la storia, Alessandro Magno sconfisse i persiani in quella battaglia grazie all’uso della tattica dell’incudine e del martello, ossia una manovra di accerchiamento, che prende in prestito il lavoro del fabbro mediante una metafora che vede l’incudine rappresentata dalla falange, il martello dalla cavalleria e il ferro da battere il nemico. Il fabbro colpisce il ferro rovente con il martello (elemento mobile) e lo stesso ferro viene al contempo schiacciato dall’incudine sottostante (elemento stabile).

Niente culminò in una sinergia con il martello, a tal punto da plasmare il ferro, se non l’incudine.

Tale tattica di combattimento è stata poi utilizzata nel gergo colloquiale come locuzione ai sensi di stare tra l’incudine e il martello”, intesa come giacere in una condizione di impassibilità, ossia trovarsi tra due pericoli ugualmente gravi o scomodi.

 

Martina Panzeri

 

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