RELIGIONI, LA MEDITAZIONE
DI DON GIOVANNI MILANI.
6ª DOMENICA DOPO PENTECOSTE

Se appena allarghiamo di poco la focalità nella lettura del piccolo brano proposto, vediamo che il Signore Gesù ha innalzato lode grata, benedizione al Padre “per avere tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le ha rivelate ai piccoli”. Queste cose, questo segreto è che: “Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare”.

I quattro versetti di vangelo che ci son proposti sono invito ai piccoli come rivelazione del segreto di Gesù, il quale consiste tutto nella comunione di beni e conoscenze col Padre, conoscenze aperte ai piccoli, non a che ha sapienza e intelligenza. Gesù si rivolge con partecipata tenerezza agli affaticati ed oppressi (la fatica dentro la loro condizione), agli ultimi insomma che anelano a ristoro, più che delle membra a sollievo dello spirito e li fa oggetto di una rivelazione non di intelligenza, di sapienza, corrente in altre condizioni viste come privilegio e sorte, ma con una dottrina, una sapienza nuova.
L’esprimersi di Gesù è un poco preso dalla finale appassionata del libro del siracide e dalle espressioni rabbiniche della Legge. L’immagine del giogo è infatti quello del peso della Torà e dell’interpretazioni dei maestri di sapienza antichi e contemporanei a Gesù.

Anche Gesù ha una dottrina, un giogo, che solo è rivelato a chi non ha conoscenze, sapienze elaborate da intelligenza acuta e libresca, ma a chi nella fatica della vita cerca ristoro nel suo senso vero e profondo che non può venire che da Gesù con quel bagaglio di conoscenza e rapporto intimo col Padre, con Dio. Gesù non ha sapienze umane, furbizie di segreti mondani da comunicare, invece, al cuore disponibile – quello dei piccoli, dei fragili provati dalle fatiche dell’esistenza – ha da donare il suo segreto di conoscenza che è nulla meno che quello del Padre, di Dio che è Padre, proprio per loro per i piccoli stanchi e oppressi.

La paternità di Dio, il rapporto di conoscenza tra Figlio e Padre è la rivelazione, è la dottrina misconosciuta dai sapienti che Gesù comunica.
È il “suo giogo”, è la sua dottrina.
Ogni giogo è faticoso, ma questo di Gesù pare diverso, perché è il suo, è quello cui il Signore stesso s’aggioga con il piccolo. Se c’è una fatica, questa è quella di Gesù che condivide con i piccoli e il giogo diventa comune.
Questo giogo dolce, dal peso leggero, è la sua dottrina, imparata e condivisa col Padre, è la dottrina dell’amore. Ecco come il giogo non è più imposizione di norme che fiaccano il collo e costringono, ma diviene abbracciare libero anche quanto è fatica diventata leggera.

Un Padre (è l’immagine di Dio) e forse ancor più in modo trasparente una mamma, non sente fatica nel suo, pur faticoso, impegno per il figlio: è slancio d’amore.
Il giogo di Gesù – lo sappiamo bene – è la croce, ma questa sempre è dono e segno
dell’amore di Dio. Ogni nostra fatica, ogni croce, possa sempre diventare giogo condiviso
con il Signore Gesù.

 

Don Giovanni Milani