RELIGIONI, LA MEDITAZIONE
DI DON GIOVANNI MILANI.
5ª DOMENICA DOPO PENTECOSTE

Questo dodicesimo capitolo è lo snodo tra il cosiddetto libro dei segni e quello dell’ora o della gloria; il nostro brano, che vien dopo la parte narrativa di Betania e della mite cavalcata al tempio, ci presenta Gesù all’ultima festa pasquale con un estremo appello alla fede. Giovanni, nelle parole di Gesù, evoca l’immagine profetica della luce (già significativamente presente in Isaia) segno d’inizio e frequente richiamo nella sua narrazione evangelica: “Ancora per poco tempo la luce è tra voi”; il richiamo è ultimativo perché “le tenebre” minacciano.

Subito la narrazione inserisce una notazione circa la mancata fede della folla nonostante i “così grandi segni compiuti davanti a loro”, che già nel testo richiamato, Isaia aveva profeticamente annunciato. “Tuttavia, anche tra i capi molti credettero in lui” benché non avessero coraggio manifestarlo, “amavano infatti la gloria degli uomini
più che la gloria di Dio”: ecco segno del conflitto tra la luce e le tenebre.

Quella è l’ultima esortazione che il Signore pone a tutti, poi si rivolgerà solo ai discepoli perché il tempo si è fatto breve, il rifiuto di Israele nei suoi confronti si è consumato e sta per compiersi sino a dargli morte.

Dopo l’esortazione a camminare negli estremi bagliori della sua luce “credendo nella luce per diventare figli della luce”, Gesù in modo incisivo (“Gesù allora esclamò”) esprime il suo essere “venuto nel mondo come luce” tale che chi creda in lui, crede in colui che lo ha inviato, chi veda lui vede colui che lo ha inviato e non rimane nelle tenebre.

Il Signore Gesù, non pronuncia condanne, il suo compito e impegno è quello di salvare il mondo, non condannarlo. Il rifiuto della sua parola non trova la propria condanna in Gesù, ma nella parola stessa che non è sua, ma gli è stata indicata dal Padre: lui ha parlato e annunciato secondo il “comandamento” del Padre che “è vita eterna”.

Il breve e vibrato discorso è però molto denso e vuole condurre a decidere per lui – la luce – o il rimanere nelle tenebre. Ci parla anzitutto dell’intimo e dipendente rapporto col Padre di cui il Signore è visibilità concreta: guardare Gesù è vedere il Padre, non c’è altra maniera di sconfiggerne l’invisibilità per l’uomo. Per credere al Padre, non c’è altro modo che credere a Gesù, ascoltare quella parola che lui ha annunciato non da se stesso, ma per comando e secondo indicazione del Padre; è quella stessa parola che diverrà giudizio.

Dunque aderire a Gesù, affidarci a lui è affidarci al Padre, al suo progetto di salvezza che si realizza proprio nel Signore Gesù. Il grande progetto di Dio sull’uomo e sul mondo, che si innalza dalla creazione si va a compiere ora nel Figlio, in Gesù che, con la sua adesione piena a quel progetto d’amore, darà compimento al più vero sesto giorno
per aprire a quel settimo definitivo dell’incontro pieno tra Dio e l’uomo.

A ciascuno ormai la scelta: a chi era attorno a Gesù storicamente; ma ancora a noi, riconoscere l’amore di Dio e affidarci a lui, è sceglier la luce di Gesù.


Don Giovanni Milani