DON GIOVANNI MILANI MEDITA NELLA DOMENICA DI CRISTO RE

La nostra antica tradizione pone questa domenica ultima dell’anno liturgico, pure la festa è piuttosto recente, se vogliamo anche un po’ segnata del tempo della sua istituzione, tuttavia la riflessione non è di sorpassato rilievo: ci porta a pensare alla centralità ad ogni realtà di Cristo; se vogliamo poi anche al potere, ovviamente non quello mondano, che benché pesi sulla nostra storia, è pur effimero.La lettura evangelica è presa da Giovanni, che tratta il tema della regalità in modo tanto singolare da celebrarla sin sulla croce: segno glorioso dell’amore di Dio che arriva a “consegnare lo spirito” (19,30).

Già però trovava annuncio – siamo al primo capitolo – con l’affermazione di Natanaele: “Rabbi, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!” (1,49), poi oltre al dialogo che stiamo considerando, trova espressione significativa nel dileggio dei soldati che l’incoronano re di burla e ancora nel titulus crucis: “Gesù il Nazareno, il re dei Giudei” (ricordiamo nelle tre lingue dell’ecumene tal che Paolo nell’inno ai Filippesi proclamerà: “Ogni lingua confessa che Gesù è Signore”, Fil2.11).

Dunque: al nostro ritaglio. Pilato è perplesso perché, come afferma, Gesù gli è consegnato dalla sua gente oltre che dai capi dei sacerdoti, senza un’accusa veramente formulata, ma già una sentenza di morte: “A noi non è consentito mettere a morte nessuno”: è questione religiosa non vorrebbe occuparsene, ma fa, benché altezzoso, più che un’indagine giudiziaria, un confronto.A quell’uomo inerme e prigioniero, senza alcun pomposo segno regale domanda se sia re. Gesù allora gli chiede se parli da sé o per sentito dire, qui vien il tono di disprezzo per il popolo che Pilato governa (o opprime): “Sono forse il Giudeo?” e chiede che cosa abbia operato, ma il Signore dà risposta indiretta dicendo di un regno, il suo, che non è mondano; il che fa porre di nuovo domanda: “Dunque tu sei re?”.“Tu lo dici che io sia re!” risponde Gesù e afferma di essere nato e venuto nel mondo per dare “testimonianza della verità”.

La verità del Signore Gesù, non è quella astratta dei filosofi è l’amore di Dio che si manifesta nel dono totale di sé, quello che si consuma sulla croce donando fisicamente il corpo: la vita.Il messianismo regale della fede ebraica è stato purtroppo preteso come affermazione di dominio che si sarebbe espresso in modo universale ma mondano, senza intendere l’annuncio evangelico di Gesù nel suo vero senso pur già rivelato dai profeti. A noi, se vogliamo essere “dalla verità”, l’ascoltare la voce regale di Cristo – re dalla croce – epifania estrema dell’amore di Dio.

 

Don Giovanni Milani