DON G. MILANI, MEDITAZIONE
NELLA SECONDA DOMENICA
DOPO L’EPIFANIA

La formula liturgica introduttiva, taglia il testo che inizia con: “il terzo giorno”; per introdurre il segno di Cana di Galilea: lì c’è un accurato – sebbene più alluso che esplicito – computo dei giorni che daranno anche sul sabato di pienezza; ma intanto insistono sul “terzo giorno” che già richiama quel terzo giorno di trionfo, nell’”ora” della croce vittoriosa. Il “segno” di Cana, è da intendere, non solo numericamente primo, piuttosto introduttivo a tutt’e sette: formano un cammino di pienezza simbolica, da leggere, più che nella battuta storico narrativa, nel velare rivelando tutto quanto il mistero di salvezza nel Signore Gesù. I personaggi di queste nozze, sono a dar rilievo a Gesù: non compaiono gli sposi storici (solo lo sposo trova minima, secondaria allusione), Maria è solo madre “sua” ed anche i discepoli sono i “suoi”: tutto mette in risalto il Signore Gesù, vero sposo.

In verità sposo sarà solo “nell’ora”, questo è momento d’annuncio profetico, segno di gioia copiosa e vino profuso, per compiersi in nozze rosse del sangue glorioso della croce. Attorno a quel vino mancante si addensano simboli anche nelle “λίθιναι ὑδρίαι”: anfore di pietra, che richiamano le tavole antiche, ormai “vuote”, che in abbondanza traboccante, trovano ricchezza proprio nel Signore Gesù. La Madonna – la Donna – qui all’inizio dei segni, come, alla fine, sotto la croce in allusivo anonimato, vuole essere presenza, più che storica, simbolica ad indicare nel Signore Gesù la centralità da ascoltare: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. L’ora gloriosa della croce, è anticipata profeticamente: i discepoli – per la prima volta in collettività unita al Signore: sono “i suoi” – sono presenza della Chiesa sposa; la manifestazione, l’epifania di Gesù è in queste nozze per le nozze di sangue sul calvario.

“Non hanno vino”, c’è un esaurirsi di vitalità e gioia che solo Gesù può rilanciare, lui non può rispondere con gesto cortese (“Donna che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”.) lo fa come profezia: seicento litri del vino migliore, purificano ben meglio dell’acqua rituale: lavano, di più: danno la festa gioiosa delle sue nozze! Nel simbolo, nella profezia del gesto c’è manifestazione (epifania) della “sua gloria” – sottolinea l’evangelista – “e i suoi discepoli credettero in lui”.

I segni del Signore, non sono per esibizione di grandezza, ma per la fede (quell’ἀρχιτρίκλινος, quei che guidava il banchetto – non così bene se lasciava mancar vino! – neppure pare accorgersi di Gesù).
Si possono certo leggere molt’altre allusioni simboliche nel testo; vogliamo fermarci, però, proprio qui: alla fede. S’apra davvero all’appagante gioia nella copiosa profluvie e pienezza delle ultime, definitive cose che l’incontro eucaristico col Signore Gesù ogni domenica ci anticipa.

 

Don Giovanni Milani