MEDITAZIONE DON G. MILANI:
SECONDA DOMENICA
DOPO L’EPIFANIA

La celebrazione di oggi è, in simbolo, molto fortemente epifanica, manifestazione viva: in Egitto l’acqua s’era trasformata in sangue, a Cana in vino perché quel vino, nell’ultima cena, fosse il sangue del Signore Gesù stesso, lo sposo vero di questo “segno” che avviene “il terzo giorno” già tanto allusivo nell’AT, ma ancor più al mistero dell’erompere nella vita nuova della risurrezione. Il contesto nuziale è diffuso nel quarto vangelo e qui è ben esplicito da leggere, più che come episodio storico, in segno profetico. Maria è alle nozze cui è invitato anche Gesù con i discepoli, è lei che, dato il mancar del vino, lo fa osservare a Gesù che pare marcare distanza. Probabilmente non è diniego – tanto che ne segue il “segno” – piuttosto rimarco del prestarsi per altro dal materiale: Gesù non sopperisce alla mancanza contingente se non per dare annuncio di qualcosa di più profondo, dà segno di sé, della sua missione.

Alcuni interpreti leggono la risposta quel “Non è ancora giunta la mia ora” come interrogazione retorica: “Non è forse giunto il mio tempo, la mia ora?”. C’è dunque alta sintonia tra Gesù e quell’intuizione prima della Madonna che invita all’agire materiale svelando il divino. La distanza, sarebbe tra l’azione di simbologia salvifica e l’aiuto contingente. Maria lo capisce bene e invita a seguire con attenzione il segno: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” dà così segno dell’atteggiamento di obbedienza nella fede. Le anfore di pietra, significative delle tavole della Legge, sono nel numero imperfetto di sei (solo il mistero del Signore Gesù sarà pienezza) danno però immagine, con i loro seicento litri, della sovrabbondanza di quel dono, della festa, della grazia. Pure un evento così meraviglioso, rimane noto a pochi: solo i discepoli paiono rendersi conto della manifestazione della gloria, della grandezza divina per credere.

Il maldestro che dirigeva il banchetto fa rimprovero allo sposo, che qui è materiale comparsa: lo Sposo vero, Gesù, l’ha ben approntato τὸν καλὸν οἶνον, il vino bello, quello buono non solo a palato. L’evento materiale delle nozze è pretesto per la grandezza epifanica, di manifestazione dell’amore del Signore Gesù verso gli uomini. Il contesto nuziale richiama che Gesù è lo sposo nei confronti del suo popolo: l’umanità redenta nella Chiesa di cui Maria – segnalano gli interpreti – è simbolica presenza. Siamo, rileviamolo, all’apertura del quarto vangelo con queste nozze, dove l’invito non è solo rivolto a Gesù, com’è stato in quell’episodio della sua vita; se è lui lo sposo vero, noi non vi siamo solamente invitati, ne siamo invece coinvolti, siamo fatti per le nozze, per l’unione intima nell’amore con il Signore, amati con intensità nuziale, fatti per essere amati ed amare il Signore e in lui i fratelli, il prossimo. 

 

Don Giovanni Milani