Il ritaglio di narrazione propostoci, presenta subito all’inizio il mormorare dei Giudei (i pretesi custodi della tradizione, avversari di Gesù) contro la sua dichiarazione: “Io sono il pane disceso dal cielo”. La contestazione è sull’evidenza che il Signore Gesù sia “il figlio di Giuseppe”, a loro ben noto, “come dunque può dire: “Sono disceso dal cielo?”. Per vero, l’allusione è forte, infatti: Io sono è il nome di Dio, pure l’ostilità è pregiudiziale: ha compiuto moltiplicazione di pani eppure ancora gli chiedono un segno, per di più richiamando la manna, cui Gesù replica essere lui il pane dal cielo.
Gesù esorta a non mormorare, ma quelli sono convinti di conoscere tutto di Gesù e ne traggono ripulsa e scandalo, il Signore dichiara che non sia sufficiente lo sguardo umano, quello che loro portano viziato di pregiudizio; per conoscere lui, occorre qualcosa di più, il dono di Dio, esserne attirati; i suoi avversari evidentemente non lo sono. Mette conto fare anche noi buona riflessione. Non è che conoscendo la storia di Gesù lo intendiamo veramente; né leggere il vangelo come relazione e documento umano ci fa subito entrare nel mistero di Gesù pane di vita; solo con il dono e l’impegno della fede possiamo sfiorarne il mistero.
Se per me l’eucaristia è solamente un riferimento simbolico, rimango lontano dal Signore, sono cioè distante dal dono della vita per la salvezza del mondo. Certo nel pane eucaristico, sin dall’antico si leggeva simbolo: di unità nel grano macinato e fatto pane, nel cibo che sostiene la vita ecc. ma vi è ben di più, vi è una presenza che solo nella fede
riesco ad accostare: la presenza viva del Signore che se tutto richiama, poi ben lo supera. Secondo la parola di Gesù, chi ha questa adesione – dono e impegno di fede – acquisita nell’ascolto del Padre che lo ha inviato, avrà la vita eterna: sarà lui, Gesù, a risuscitarlo nell’ultimo giorno. Il Signore riprende la provocazione dei suoi increduli avversari nel richiamo alla manna e fa osservare come chi si è cibato di quella sia morto (di tutto il popolo solo Giosuè e Caleb sono entrati nella Terra promessa) dunque, pur dono del cielo, quello era cibo ancora terreno. Solo Gesù è “pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia”, è “la sua carne per la vita del mondo”.
La sua carne, la sua umanità è donata interamente, sino ad essere immolata sulla croce per la vita, per la creazione nuova. L’umanità del Signore Gesù, se vista semplicemente nella storia, sfugge alla comprensione; appare – e non è – del figlio del falegname di Nazareth. La sua umanità è per essere immolata e consumata per gli uomini, per noi, perché si faccia pane di vita sulla croce e dalla croce alla gloriosa resurrezione. Allora la carne, l’umanità diventa mistero e dono di vita, della vita nuova della grazia.
Don Giovanni Milani