BELLANO/CARNAZZOLA VS COMUNE:
LA SENTENZA DEL TAR
“DA’ RAGIONE AL MUNICIPIO”

santalucia bellanoBELLANO – Con sentenza depositata il 2 aprile 2014, il TAR della Lombardia ha emesso la sentenza relativa al ricorso della ditta Carnazzola  per l’annullamento dell’ordinanza n. 6/2013 del Comune di Bellano per opere realizzate in modo abusivo, chiedendo al Comune i danni, rilevanti, e anche di immagine.

Nella foto il sindaco di Bellano Roberto Santalucia.

Questo lo schema della sentenza, del quale informa (soddisfatta) l’amministrazione comunale bellanese:

1)    La Ditta Carnazzola ha sostenuto che bisognava considerare che con l’atto transattivo del 20.11.2010 vi è stata la rinuncia a ricorsi incrociati e con esso il Comune riconosceva che l’area poteva essere adibita per l’attività di frantumazione e trattamento di minerali estratti dalle miniere di Tremenico e Vendrogno, l’atto impugnato (abuso) sarebbe contrario alle pattuizioni contenute nell’atto di transazione, perciò esso è illegittimo.

La Corte invece ha stabilito infondato il rilievo. Non solo: ha anche stabilito che nella transazione non si fa alcun cenno alle opere    né si può ritenere che una generica formula possa prevaricare le indicazioni normative relative agli interventi edilizi.

Il TAR scrive che”…sotto questo specifico motivo non può pertanto che rilevarsi la correttezza dell’operato dell’Amministrazione la quale, constatata la realizzazione delle opere in assenza di titoli, non poteva che ingiungerne la demolizione”.

2)    La Ditta Carnazzola ha altresì rilevato che non sarebbero state adeguatamente individuate le opere ritenute abusive. Anche questo rilievo non è stato accolto in quanto la Corte ritiene che le opere abusive siano state individuate con sufficiente precisione, indicandone i mappali, la tipologia delle opere, i luoghi dove insistono, la funzione, le dimensioni, consentendo quindi un’agevole individuazione dell’oggetto dell’ordine di demolizione impartito.
Per cui: infondatezza del rilievo

3)    La Ditta Carnazzola ha sostenuto ancora che le opere sarebbero state comunque “assentite” con concessioni del 1980 e del 1998 e con il rilascio del permesso di costruire n.1976 del 2003.
L’Amministrazione comunale ha invece sostenuto che il permesso di costruire riguardava la realizzazione di un insediamento produttivo temporaneo. Anzi “…il Comune ha depositato in giudizio una relazione dalla quale emerge che concessione  e permesso …sono state emesse per la realizzazione di opere di bonifica dell’area”, per questa ragione i titoli avevano carattere temporaneo.
La Corte ha stabilito l’infondatezza del rilievo.

4)    La Ditta Carnazzola ha ancora ritenuto  che, essendo l’area quale pertinenza di una cava(che comunque risulta chiusa da anni) la realizzazione delle opere non necessita di rilascio di titolo edilizio. La Corte ha chiarito che non necessita di titolo edilizio l’attività estrattiva, non la realizzazione di impianti e strutture stabili. Oltretutto, le opere realizzate invece sono allocate in luoghi diversi, e a notevole distanza, da dove avviene l’attività estrattiva.
Ne consegue che la realizzazione degli interventi edilizi nella zona di pertinenza delle miniere non può legittimamente avvenire in assenza di titolo edilizio.
Per cui, anche nell’occasione è stato ritenuto infondato il rilievo.

5)    Ancora la Ditta ha rilevato che il provvedimento impugnato è intervenuto a notevole distanza di tempo dalla costruzione delle opere. La Corte ha stabilito al riguardo che “l’autorità preposta alla tutela degli interessi urbanistici e edilizi può intervenire in ogni tempo al fine di sanzionare l’attività illecita”(ampia giurisprudenza)”.
Questa “doglianza” dalla Corte è ritenuta infondata.

Per quanto sopra il ricorso è dichiarato in parte inammissibile e in parte respinto.