CARTA VETRATA/LA TAVOLETTA
DEL WATER E L’ESPROPRIO LEUCI

LECCO – Bisogna essere solidali con i lavoratori della Leuci senza tentennamenti. Altrimenti fai la figura dell’egoista borghese.Te lo dicono del resto da ogni parte, paradossalmente soprattutto quelle associazioni, quei partiti, quei sindacati, che del para-sfruttamento dei propri militanti ne han fatto voce di bilancio.

Quella che va sotto il nome: contenimento costi risorse umane

Fate caso ai nomi (Arci, Cgil-Cisl, Rifondazione Comunista e, di quest’ultima, anche la corrente matrioska: figli di Leonid Il’ič Brežnev.)

e poi pensate a quanti volontari e lavoratori al minimo queste realtà hanno e quanti soldi han preso e prendono, infine, mettetevi comodi.

Come sempre ci penseranno loro a salvarci, a risolvere tutto e se non si risolve nulla è stata tutta pubblicità.

Bisogna essere solidali e far come loro: lo eri ancor prima di sapere di esserlo.

In fondo noi donne, noi casalinghe inacidite, abbiamo un sesto senso.

Poi li senti parlare i lavoratori rimasti, anche se parla sempre lo stesso, leggi i loro infiniti proclami, che son sempre tutti uguali e sembran scritti nel 1970,

scorri appunto le lettere di solidarietà delle associazioni e del partito e ti accorgi che non sai nulla.

Nulla di quello che servirebbe sapere.

Il tuo povero marito, a pranzo, ci prova a spiegarti due concetti di politica economica e aziendale, di cosa si sarebbe detto e fatto in questi anni,

lui ci prova ma è come pretendere che quando lui va in bagno a far la pipì, la tavoletta del cesso la alzi. Prima.

Incomunicabilità.

In tutti questi anni nulla di più della forma. Precaria pure quella.

Facciamo a capirci. Il Piano economico di sostenibilità di un’azienda, di una potenziale start-up è ben più di un’idea di progetto…sono le fondamenta della fattibilità.

Io, ma credo nessuno al di fuori degli attori più stretti ora in campo, l’han visto.

(non che dovevo vederlo, sia chiaro) però giusto per esprime una solidarietà non di maniera.

Se fosse stato pubblico intendo era più bello, più partecipato, più sostenibile.

Viva la trasparenza, viva la partecipazione però zero strumenti di comunicazione, che non siano il buon cuore del giornale.

Una mail non c’è.

Un sito internet con progetti, proposte, comunicati, risposte, repliche, archivio ecc. Nulla.

Ed ora gridano alle istituzioni, insieme agli amici, dopo la parola fine pronunciata da proprietà e assessori locali: Esproprio.

Fino a due mesi fa ci si faceva svuotare la fabbrica dai macchinari, oggi si invoca Stalin.

Se si rivendica qualcosa improponibile, qualcosa così fuori dal mondo e normativamente così precario come l’esproprio, mi chiedo qui, dalla comoda finestra della mia cucina,

se non vuol dire soprattutto che argomenti più concreti, misurabili, non se ne hanno.

Vogliamo vedere le carte, di tutte le parti. Farci un’idea autonoma per poi chiedere e verificare.

Non vorrei essere sgradevole ma qui vanno a puttane aziende – e lavoratori, ogni settimana, con uno stillicidio da armarsi che non hanno spazi comunicativi. In silenzio.

Non è una colpa di chi grida e riesce a destar l’attenzione ma non vorrei che tutti presi a sostenere e presidiare il portone di una fabbrica vuota, intanto quelle ancora mezze piene, dalla finestra, le svuotano.

C. V.