L’INDAGINE: LECCO È LA PRIMA CITTÀ PER EXPORT DI ARMI E MUNIZIONI IN ISRAELE

LECCO – Durante la serata di martedì 9 luglio, nella sala don Ticozzi di Lecco il Coordinamento lecchese Stop al Genocidio, insieme all’Assemblea permanente contro le guerre, ha tenuto una serata d’informazione riguardo l’esportazione di armi italiane in Israele dopo il 7 ottobre, su cui il giornalista e direttore di Altreconomia Duccio Facchini ha condotto un’inchiesta (a questo link è possibile scaricare il materiale presentato durante la serata).

Corrado Conti, ad introduzione della serata, ha voluto ricordare: “Come coordinamento vogliamo tenere alta l’attenzione sugli eventi a Gaza successivi al 7 ottobre, che seguono 80 anni di oppressione del popolo palestinese; siamo un movimento dal basso, abbiamo organizzato tre cortei in città, presidi nelle stazioni e presso i ponti e momenti di informazione, di cui c’è molto bisogno poiché i media nazionali non informano adeguatamente”.

“Se ora c’è un inferno sulla terra, questo è Gaza – ha proseguito Conti -, dove la rivista Lancet ha ipotizzato che, continuando così, le vittime dirette e indirette del conflitto potranno arrivare a 186mila. È necessario segnalare e far conoscere le aziende, anche nel lecchese, che fabbricano armi e le banche che le finanziano, come Unicredit, Deutsche Bank, Banca Intesa e Popolare di Sondrio”.

A seguire Duccio Facchini, sottolineando la grande partecipazione sul territorio riguardo il tema, ha introdotto l’indagine, “frutto di una serie di inchieste sulle armi italiane giunte ad Israele dopo il 7 ottobre”. Utilizzando fonti dell’OCHA, organo delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, Facchini ha mostrato la situazione di Gaza prima del 7 ottobre, il suo inquadramento nella zona e la sua totale chiusura da quasi 20 anni, letale per un territorio grande meno della metà della provincia di Lecco ma con più di 2 milioni di abitanti.

“In un rapporto dell’agenzia Unctat del 2015 – ha ricordato Facchini – si prevedeva che, se la situazione fosse continuata in quel modo, il luogo sarebbe diventato inabitabile nel 2020: si è poi visto come questa situazione al limite abbia impattato sugli avvenimenti successivi al 7 ottobre, con oltre 38mila vittime palestinesi accertate a fronte di 6400 registrate tra il 2008 e la prima parte del 2023; Israele, dall’altra parte, ha avuto 1200 morti e 5400 feriti”.

Sulla Cisgiordania, Facchini ha ripreso l’opera dell’OCHA: “Ci sono mappe che danno l’idea del frazionamento della Palestina, non solo nelle macro-aree ma con i numerosi checkpoint e strade chiuse; la Cisgiordania è segnata dal muro di 710 chilometri di Israele, completato per il 64%”.

Facchini ha ricordato la difficile situazione della sanità, con ospedali distrutti, mancanza di elettricità, medicine e macchinari, e la totale distruzione delle scuole e delle università, auspicando “un segnale dal tessuto accademico cittadino, che non ha organizzato nulla per aumentare la consapevolezza sulla portata dui questi avvenimenti”.

Il giornalista ha poi fatto il punto sul ruolo italiano nella fornitura di armi a Israele: “L’Italia è il suo terzo fornitore di armi negli ultimi 10 anni, dopo gli Stati Uniti e la Germania; è partner strategico d’Israele grazie al memorandum firmato nel 2003 e non ha mai realmente smesso di fornire armi, nonostante il governo abbia ufficialmente dichiarato di averne sospeso le vendite dopo il 7 ottobre tramite il ministro della Difesa Guido Crosetto“.

Facchini, attraverso un accesso civico generalizzato a dicembre, ha infatti richiesto al Ministero degli Esteri la prova di tale sospensione, ottenendo in risposta da Uama (Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento) che non sarebbe stato possibile ottenerla per tutelare la sicurezza nazionale e gli interessi con Israele.

Dopo aver pubblicato queste risposte, Altreconomia ha ricevuto il sostegno della segretaria del PD Elly Schlein, che ne ha sottolineato la gravità, e la risposta del ministro degli Esteri Antonio Tajani, che ha riaffermato la sospensione delle forniture e il fatto che l’affermazione di queste fosse “basata su qualcosa che non esiste”.

Facchini si è quindi rivolto all’Istat e all’Agenzia di dogane e monopoli, ottenendo i dati ufficiali dell’export verso Israele da ottobre: si scopre che, tra ottobre e novembre 2023, nella categoria “armi e munizioni” sono state esportate merci per un valore di oltre 800mila euro, toccando quota 1,3 milioni solo nel mese di dicembre. Entrambe indicano che i flussi sono continuati anche nel 2024, totalizzando, da ottobre a maggio, oltre 4,5 milioni di euro di armi e munizioni e varie altre categorie come i cacciabombardieri da addestramento M-346 per formare le “Tigri volanti” israeliane.

Lecco, in questo scenario, è risultata la prima provincia italiana per esportazione di armi e munizioni, con 1,011 milioni di euro nel quarto trimestre 2023 e 1,2 nel primo trimestre 2024.
L’inchiesta, nel marzo di quest’anno, giunge fino in Senato, dove il senatore Tino Magni ha interrogato il ministro della difesa Guido Crosetto: la risposta ufficiale ha evidenziato che le vendite non sarebbero state sospese, ma “valutate caso per caso” da Uama in base alle autorizzazioni di vendita concesse prima del 7 ottobre.

L’inchiesta è proseguita scoprendo invece che, anche nella relazione parlamentare per il 2023 pubblicata successivamente, sono state registrate esportazioni verso Israele in costante crescita.
In essa si legge che, nel nostro territorio, le aziende che hanno esportato con autorizzazione in Israele sono state Invernizzi Presse e Fiocchi Munizioni.

Invernizzi Presse ha esportato armi e munizioni per oltre 540mila euro in Israele e ha ottenuto 5 autorizzazioni per 4 milioni di euro, con un sorprendente totale di 10,9 milioni di euro anche in altri stati come Repubblica Ceca, Brasile e India. A oggi, presso la Camera di commercio di Lecco, Invernizzi Presse non ha un bilancio depositato e Facchini non ha quindi potuto approfondire ulteriormente la questione.

La Fiocchi Munizioni, contestata già in passato, ha ottenuto 76 autorizzazioni per 42 milioni di euro, risultando la 14esima azienda italiana nel 2023 per importi autorizzati, per lo 0,89% dell’importo totale. Con un capitale sociale di 17 milioni di euro e 811 dipendenti, l’azienda è sottoposta dal 2022 alla multinazionale ceca CSG e, nel bilancio 2022, segna 204 milioni di euro di ricavi, +40 milioni dal 2021; nel 2023 Fiocchi non risulta esportatrice verso Israele per la Uama, ma l’anno precedente ha segnato 141 milioni di ricavi, oltre due terzi del totale, nel settore “industria e difesa”, non da quello “caccia e tiro” come spesso sostenuto dall’azienda.

In conclusione, gli organizzatori hanno auspicato che il muro di gomma che ha ostacolato costantemente l’attività d’indagine possa essere superato con il costante sostegno e la sensibilizzazione.

Michele Carenini