DON GIOVANNI MILANI MEDITA NELLA DOMENICA DELLA SAMARITANA

Come da antica tradizione, nella seconda domenica di quaresima, ci è proposta riflessione sul brano della Samaritana. Come sempre, e forse più nel vangelo di Giovanni, la narrazione non vuole tanto darci documentazione storica, di fatti, piuttosto leggerli nella loro evocazione in simbolo. 

L’ambientazione è al pozzo, pozzo che è anche di grande rilevanza e richiamo: quello di Giacobbe; la stessa vicenda del patriarca qui ci si richiama come luogo che evoca la proposta affettuosa del fidanzamento: è luogo dell’amore. 

Proprio in quel luogo e – parrebbe – fuori da ogni schema: l’incontro con una donna, tanto più di così tenue moralità, disdicevole per un rabbi; l’ora certamente non consueta per attingere; ma già il luogo stesso, intendendo la regione, considerata religiosamente lontana e fin nemica. 

Proprio questa larghezza di spirito, questa libertà di Gesù, ci fa subito notare la sua attenzione per chi, agli sguardi consueti, non appaia consono, perché lontano, ultimo ed invece sia a lui prezioso: diremmo che vada proprio a cercare chi possa sembrare più lontano. 

Nell’arsura del mezzodì, in una regione arsa e accanto al pozzo il parlare non può che focalizzarsi alla sete. 

Davvero stimolante il dialogo con interessanti risvolti d’umano, fin ai toni d’ironia quasi sarcastica (“sei tu più grande del nostro padre Giacobbe?”) nel difendersi di quella donna così particolare dall’indubbio fascino di Gesù, per distanziare, velare la propria debolezza a fronte di quel rabbi pacato e penetrante: arriva sino alla domanda di pratica religiosa e teologica cui pare estranea, ma il Signore non si sottrae: la mira di Gesù è alla persona con l’offerta di quell’”acqua viva”. 

Qui non possiamo che fermare il passo a considerare noi quel dono, quell’”acqua viva” che promette e dona il Signore Gesù. 

Noi non possiamo confondere, come prova a fare la samaritana, tra l’acqua morta del pozzo a quella sorgiva e zampillante che dona il Signore: ci è immediatamente chiaro e luminoso il parlare simbolico di Gesù che in quel contesto evoca sorgenti dissetanti certo ancor più di quelle dalla roccia del deserto mosaico. 

L’acqua. L’acqua è la grazia: la grazia, il dono della Parola, Parola di Dio che sostiene il suo popolo; pure vi è acqua – sempre dono – che è dell’antica proposta, l’insegnamento antico della Torah: è l’acqua che tracima lenta ad alimentare il pozzo. Gesù propone acqua viva, di sorgente unica che è lo zampillare della sua stessa vita che ci è data nel dono di sé stesso Parola viva del Padre. 

L’acqua è richiamo e ricordo del nostro battesimo che ci ha immersi nella creazione nuova, nella vita vera donata dalla Pasqua del Signore Gesù, rinnovatrice nel suo sacrificio di croce per la vittoria piena di vita risorta.

 

Don Giovanni Milani