DON GIOVANNI MILANI MEDITA NELLA TERZA DOMENICA DOPO L’EPIFANIA

Anche nel notissimo brano della moltiplicazione dei pani per i cinquemila che ci è proposto oggi, la lettura deve essere attenta più che alla narrazione all’allusione simbolica: i pani richiamano il miracolo della manna nell’antico deserto, ma anche, nel loro numero i cinque libri della legge, il vero nutrimento del popolo d’Israele.

Vi è certo anche ricordo d’Eliseo: la sua moltiplicazione di pani fu tanto più esigua; così anche le quantità ci parlano della smisurata larghezza del dono del Signore; pure là vi fu abbondanza, ma sino anche agli avanzi, sproporzione allusiva.

Innanzitutto l’ambientazione è simile a quella dell’Esodo: un luogo deserto con una grande folla digiuna che ha bisogno di cibo: il numero, pari a quello dei pani, è simbolico. La soluzione suggerita dai discepoli è quella dell’umana prudenza, il gesto grandioso risposta superiore, quella della sovrabbondante misericordia del Signore cui si aggiunge avanzo di sovrabbondanza tanto significativa.

Gesù, con i discepoli aveva cercato quel luogo in disparse, poi divenuto notevole simbolicamente, per un riposo, “Ma le folle avendolo saputo, lo seguirono a piedi dalla città” e il Signore sente compassione, il primo gesto di accoglienza però, non è materiale, è quello più profondo di guarire “i loro malati”, poi curiosamente il testo non ci dice che cosa abbia fatto Gesù, propriamente non si dice, pur se ovvio, di un suo parlare, pure viene la sera: il tempo del pasto, allora la preoccupazione dei discepoli e la sorprendente provocazione di Gesù: “Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare”; i discepoli è naturale si schermiscano: hanno solo “cinque pani e due pesci!”.

Allora la narrazione ci riporta a espressioni di sensibile allusione eucaristica: “prese, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede…”. La compassione di Gesù, in questo brano, è espressa come un saziare di un pane che richiama quel “pane quotidiano” che ha insegnato a chiedere proprio al centro del grande e primo discorso della montagna. È evidente l’insegnamento per noi.

Non è da trascurare, proprio in questo senso, il coinvolgimento dei discepoli (“date voi stessi… li diede ai discepoli, e i discepoli alla folla”) il significato ecclesiale che dà ulteriore intonazione alla comunicazione.

Nella nostra liturgia particolarmente è poi anche presente e insistito il senso epifanico, come già l’inno della festa ci richiamava: qui Gesù si mostra, si svela come un po’ tutta la narrazione ci evidenzia nel dono sovrabbondante e misericordioso non meno che eucaristico.

 

Don Giovanni Milani