DON GIOVANNI MEDITA NELLA DOMENICA DEL BATTESIMO DEL SIGNORE

Il questo secondo anno del ciclo liturgico, la narrazione del battesimo di Gesù è presa dal secondo vangelo, dal testo senza fronzoli di Marco che ce ne dà conto dopo un altrettanto stringato racconto della predicazione di Giovanni. Il Battista dichiara che gli venga dietro (ὀπίσω μου) forse alludendo dell’essergli discepolo “colui che è più forte” di lui, Gesù cui non è degno nemmeno servirlo; è lui che “vi battezzerà in Spirito santo”, mentre dice di sé di avere praticato solo un segno nell’acqua (il verbo ἐγὼ ἐβάπτισα: io ho battezzato, nella sua forma d’aoristo dichiarerebbe conclusa l’azione di Giovanni). “Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nazaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni”. Il verbo “venne” è l’evidente seguito della proclamazione di Giovanni: Gesù viene da questo oscuro villaggio della equivoca Galilea. Richiamiamo che, dopo il titolo, qui appare per la prima volta il Signore Gesù, lui il “più forte” per un gesto – il farsi battezzare – indubbiamente di umiltà. All’uscire dal battesimo la visione (che in Marco parrebbe solo di Gesù) dello “squarciarsi del cieli e del discendere su di lui dello Spirito come una colomba”.

I cieli aperti sono della letteratura apocalittica e significano il contatto diretto tra Dio e l’umanità, rapporto interrotto con il peccato, dunque l’inizio degli ultimi tempi nella discesa dello Spirito che qui segnala una consacrazione, la consacrazione messianica di Gesù. Lo Spirito è nella forma di una colomba, quella letta dalla letteratura rabbinica nello Spirito creatore che aleggiava sulle acque primordiali, o quella della pace di Noè, ancora ricordiamo che la colomba era simbolo del popolo eletto. il Signore Gesù, che si mischia, s’immerge tra i peccatori, non ha bisogno di purificazione personale, è invece consacrato per la solidarietà profonda con il popolo dei peccatori; la sua azione è approvata dal cielo con la voce stessa di Dio: “Tu sei Figlio mio, l’amato, in te ho posto il mio compiacimento”. Gesù è “l’amato”, l’unico e prediletto – il termine richiama il ‘legamento’ di Isacco – e il suo sacrificio, cui è destinato il Figlio nel compiacimento del Padre e che lui accetta. Secondo la leggenda giudaica, che dà origine anche ad una festa, Isacco è consenziente al sacrificio e porge il collo. Gesù è dichiarato “Figlio mio”, figlio secondo molti richiami da Davide, re messianico al “servo di YHWH” come in Isaia. Il senso vero e profondo del Battesimo di Gesù, all’inizio delle narrazioni evangeliche è quello dell’assumerne – immergendosi più che nell’acqua, nel popolo dei peccatori – la responsabilità per portarlo allo Spirito in una creazione nuova.

 

Don Giovanni Milani