L’OPINIONE: “IL TEMPO
NON È DENARO, SOPRATTUTTO
QUANDO DEVONO DARTELO”

Il tempo non è denaro, soprattutto quando devono dartelo.
La sintesi potrebbe essere ed è: i lecchesi sono cornuti e mazziati.

È infatti quello che, facile e chiaro, si conferma dalla lettura dei dati su inflazione e buste paghe in Italia in generale ma ancor più, appunto a Lecco.

Qui da noi la notizia pare però evaporata con il caldo e sotto silenzio, senza un plissè, per dirla alla Jannacci

Le cicatrici sulla pelle dei lecchesi, l’inchiostro che si spera non indelebile ma così tanto però pare, ha colori di corna e di mazzate

– Le mazzate sono i dati dell’inflazione che a Lecco colpisce più che altrove. Lecco infatti è diventata la decima provincia con più lividi, colpi sul corpo. In un anno le spese sono cresciute del 6,5%, che tradotto in banconote significa una spesa aggiuntiva di 1650€ solo di pochi euro inferiore a Milano che è al quarto posto con una spesa aggiuntiva di 1710€ (+6,3%).

– Le corna sono i dati sul lavoro declinati sotto le voci: tempo e paghe.
A Lecco, per la voce tempo, si lavora più che in tutta Italia. Ma proprio più di tutti. Siamo al primo posto della classifica. 259,5 giorni di lavoro, in un anno. Una volta eravamo la Manchester d’Italia per l’alto tasso di occupazione e tipologia, oggi siamo gli stakanovisti d’Italia, Milano con 251,5 giornate ovvero oltre una settimana in meno di lavoro, è undicesima.

Ma siccome le corna sono sempre due, ecco che a conferma di questo basta registrare, per la voce paghe, i dati delle retribuzioni.
In cima alla classifica c’è Milano, con 124€ di guadagno medio al giorno. Lecco è undicesima con 97,08€, capovolgendoci le posizioni con chi lavora di più.

Ovviamente le medie non spiegano tutto ma segnano certamente una tendenza.

Certamente la retribuzione media di un territorio risente del “peso” e della qualità del sistema imprenditoriale e occupazionale presente nello stesso e dai dati si evince che i Italia che i dirigenti italiani percepiscono uno stipendio del 577% (cinquecentosettantasettepercento) superiore a quello dato agli operai. Adriano Olivetti non ha insegnato nulla nemmeno qui.

C’è quindi legittimamente una battaglia nazionale sul salario minimo ma evidentemente, nemmeno pensata, quello di un salario massimo.
Sono tre milioni almeno i lavoratori che non raggiungono i 9€ lordi, una fetta consistente, anche sul nostro territorio, lavora nelle coop sociali e tante di queste, con questi stupendi lavora e garantisce i servizi pubblici, anche della nostra città, con stipendi legali ma pochissimo dignitosi.

Insieme a questa fotografia economica, va sempre messa a fuoco la precarietà e l’intermittenza del lavoro che non permettono pianificazione del futuro.

C’è con evidenza, a Lecco ancor prima, la necessità di una presa di coscienza e conoscenza che da troppo tempo il mondo del lavoro, grazie anche alla politica, sfrutta e non redistribuisce risultati, ricchezza in maniera equa e in più oggi l’inflazione amplia questa ingiustizia.

Un’ingiustizia che colpisce la maggioranza a partire dalle famiglie più fragili.

Paolo Trezzi
Lecco