MEDITAZIONE DI DON G. MILANI
NELLA DOMENICA DEL CIECO

La lettura di oggi è in continuità con quella della domenica passata; così dall’affidarsi, nella fede generativa d’Abramo, si giunge alla luce di Cristo Signore. Il brano, forza l’attenzione all’incrociarsi di sguardi, dal guardare attento e benevolo sin al neppur vedere. Gesù, benché solo passasse, vede l’uomo, i discepoli solo la menomazione, il negativo, dunque il peccato. Poi sarà dello sguardo interiore di quel nuovo vedente che (su sollecitazione di chi gli obietta) sa, passo, passo, indagare a scoprire; altri guarda senza saper scorgere. Il vedere per cercare, andar dentro le cose, è questione di atteggiamento interiore, ed è bene si faccia anche riflessione per noi: se guardo come i farisei che, pur con dubbio, coltivano però già certezze negative, vedo solo quanto voglio vedere e giudicare.

Guardiamo bene. Gesù vede l’uomo e con quei gesti di antica terapia (maschera e mostra a chi sa vedere) guarisce compiendo segno radicale di creazione: terra plasmata col proceder dalla bocca, come già il soffio divino, poi – sempre, con pedagogico velare e mostrare – invia a Siloe, che Giovanni è accorto a richiamarci, pur qui, in segno (l’inviante, inviato è ben Gesù stesso). Il cieco, lo si accennava, come già la samaritana, scopre man mano il Signore Gesù attraverso le obiezioni sollecitanti che si trova o gli son calcate addosso: “è un uomo” non ne sa altro dapprima. Ma alla pressione dei Farisei: “un profeta”. Solo; abbandonato fin da chi l’ha generato, senza alcun timore di deferenza al potere, che anzi attacca ironico per scuotersene di dosso l’opprimente attenzione, arriva fin ad affermare che “venga da Dio”. Ma unicamente l’incontro, il nuovo luminoso incontro col Signore Gesù, fa pieno il suo vedere, il comprenderne il dono nella persona di Gesù.

È bella la ricerca umana, così limpida e nobile che quell’uomo matura dentro di sé (ed è un mendicante emarginato!). Anche ritrovando Gesù, non gli si getta subito riconoscente ai piedi, certo, a cenno del Signore, vuol credere nel Figlio dell’uomo, ma indaga chi sia. È Gesù! allora, sì, ha avuto segno profondo fin nel proprio corpo, allora certo gli crede e l’adora: “Πιστεύω, κύριε credo Signore”. Il cammino che ci è presentato è di luce, la luce del battesimo e della fede che cresce alla nostra ricerca e consapevolezza: il Signore Gesù è lui la luce (“Finché sono nel mondo sono la luce del mondo”) pure s’è preso accanto (dagli ultimi, dalla strada) un gran maestro per noi. Quel mendicante è capace di indagine vera e libera pur se gli costi fin anche l’espulsione dalla Sinagoga: dalla società; ci insegna ad allontanarci dalla presunzione farisaica del saper vedere, sentirci tanto all’ordine da giudicare gli altri su scorta di nostre pretese certezze. 

 

Don Giovanni Milani