DEDICAZIONE DEL DUOMO,
MEDITAZIONE DI DON G. MILANI

In questa domenica la nostra Chiesa Ambrosiana celebra la memoria annuale della dedicazione del duomo, il suo richiamo è simbolico e forte. Il lezionario ci riporta il brano del terzo vangelo che chiude un grande discorso del Signore Gesù, che ci è probabilmente maggiormente noto nella più vasta versione di Matteo, là è il discorso della montagna, qui in Luca, è collocato e detto della pianura, l’insegnamento finale ci è rappresentato in modo parallelo in temi ed immagini. Penso la riflessione, in questa domenica così particolare, sia da porre in modo più attento, quasi visivo, alle ultime parole del Signore Gesù che con l’immagine dell’uomo che fonda la sua casa nel profondo, sulla roccia, ci mostrano a chi sia simile chi ascolta le parole del Signore e le mette in pratica. Ai tempi di Gesù si cercava sicurezza credendo spesso trovarla nel potere, nel denaro, nel legalismo d’osservanza religiosa (e ancor oggi è così), non invece in quanto davvero è solido: il Signore stesso, la sua parola che diventa fonte sicura di vita quando aderiamo a lui, ne attuiamo la volontà.

L’immagine che offre il testo evangelico è quella di “un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e a posto le fondamenta sulla roccia”. Ecco: la saggezza della costruzione parte dalle fondamenta, dallo scavo profondo sino alla roccia che subito ci richiama, nella fatica, la riflessione. La roccia che dà solidità piena è quella spesso evocata dai salmi: “Ti amo Signore, mia forza, / Signore mia roccia, mia fortezza, mio liberatore; / mio Dio mia rupe, in cui trovo riparo” (18); ancora: “Benedetto il Signore, mia roccia “(144): la nostra certezza fondante è solo il Signore. Nella festa della Dedicazione del Duomo è istintivo e saggio, pensare anche a tutto l’edificio che su quel fondamento si innalza: le pietre vive richiamate dalla stessa liturgia siamo noi fedeli legati dalla fede nella carità.

Spesso viviamo la nostra cattedrale, il nostro Duomo, con giusto orgoglio per l’esprimere in tante opere d’arte segni di fede che ne fanno certo monumento unico, pur materiale. Dovremmo tutto questo – quanto la sua storia gloriosa – leggere come esortazione simbolica al meglio, non solo nell’arte ch’è sempre simbolo sensibile, ma in quanto ci significa: nella vita cristiana. La fede trova apostolo e maestro il vescovo, segno di quell’unità nel Signore che rende solido l’intero edificio spirituale; poi la pratica della carità stringe – sempre nell’unico edificio – tutti i battezzati aprendoli al bene fattivo che legge nel piccolo e nel povero il Signore stesso, così cammina nella speranza sempre verso di lui, il Signore, che unico fondamento, ci è pure meta nel cielo.

 

Don Giovanni Milani