“NELLA CATTOLICISSIMA ITALIA,
CHE FINE HA FATTO IL RISPETTO
PER LA GIUSTA MERCEDE?”

Egregio Direttore, seguendo il dibattito politico e l’evoluzione del mercato del lavoro nell’articolato quanto complicato scacchiere socioecomico del nostro Paese non possono certamente sfuggire le difficoltà che gli operatori di alcuni settori incontrano nel trovare e assumere regolarmente le maestranze indispensabili a svolgere le conseguenti attività professionali.

Di questi tempi e soprattutto durante l’estate, considerata la stagione turistica per eccellenza e solo per fare un esempio, balzano all’occhio le difficoltà che incontrano gli operatori turistici che non riescono a rimpolpare gli organici e pertanto alberghi che potrebbero avere il tutto esaurito, dopo la pausa Covid, invece di lavorare a pieno ritmo sono costretti a limitare la propria attività per le note carenza di personale.

Analoga situazione si registra infatti nel settore dei trasporti dove sono note le difficoltà delle compagnie aeree che ancora non riescono a richiamare in servizio il personale decimato per effetto della crisi sanitaria, proprio quando la richiesta di voli vacanzieri é prepotentemente tornata ai livelli pre Pandemia. Se a questo si aggiungono gli scioperi che complicano ulteriormente la situazione si comprende facilmente come gli addetti ai lavori, anche ai livelli considerati più bassi professionalmente parlando, non si accontentino più di salari inadeguati.

Sempre meno chi lavora é disposto a farlo con retribuzioni scarse e spesso al di sotto del cosiddetto “minimo tabellare” o sindacale che dir si voglia. Proprio nel settore del Turismo, non svelo certamente un segreto, soprattutto giovani e studenti bisognosi di raggranellare qualche soldo anche nei decenni scorsi sono stati sottopagati e questo, sia chiaro, non é avvenuto solo in certe regioni del sud del nostro Paese. In Agricoltura, idem come sopra e certamente non si sta meglio.

Nel frattempo e in modo particolare fra i lavoratori precari la percezione dei propri diritti é però cambiata e una domanda si impone: non é per caso che si vorrebbe continuare a sottopagare o peggio far lavorare in nero i propri dipendenti sfruttando la loro condizione di bisogno? E ancora. Nell’Italia del Reddito di cittadinanza, distribuito a piene mani fra i cittadini bisognosi anche di lavorare, c’é da chiedersi perché non si trovi chi é disposto a mettersi in gioco.

Forse perché il giusto salario, in molte situazioni, é diventato una chimera? Che ci siano molti lavoratori sottopagati e dunque sfruttati é una storia vecchia come il mondo ma nella cattolicissima Italia, viste le quotidiane proteste di chi reclama giustamente i suoi sacrosanti diritti, si deve essere perso del tutto anche solo il ricordo di quel peccato che grida vendetta al cospetto di Dio. Mai sentito che si deve garantire la giusta mercede agli operai? Chi lavora, infatti, deve poterlo fare in modo dignitoso e vedere soddisfatti i bisogni più elementari per la propria famiglia.

Il sistema Paese é sfiduciato al punto che notoriamente si preferisce vivere di altro “Reddito” oltre che di espedienti durante tutto l’anno piuttosto che lavorare per i soli e pochi mesi estivi ma senza garanzia di continuità. In più. L’instabilità politica delle ultime ore di certo non aiuta la ricerca di equilibrio e stabilità sociale.

Troppo semplice o peggio troppo semplicistico il mio pensiero? No, é solo molto semplice ed é del tutto disdicevole che tale concetto di rispetto delle persone e del loro lavoro sia disatteso proprio da chi ha ricevuto quella educazione cattolica che a parole nessuno disconosce ma che evidentemente in pochi ancora mettono in pratica. In Italia un lavoratore su tre vive con meno di 1000 euro al mese e con l’aumento del costo della vita in molti non ce la fanno e giustamente protestano.

Non voglio rubare il mestiere a chi queste cose le dice per scelta o per vocazione ma la conclamata situazione di bisogno di tanti cittadini non può diventare l’alibi per continuare a foraggiare chi gestisce il mondo del lavoro con “regole e modalità” che evidentemente hanno fatto il loro tempo ma stanno creando scontento e deflagranti tensioni sociali.

Claudio Baruffaldi