NELLA DOMENICA DI PASQUA
MEDITAZIONE DI DON G. MILANI

Il brano di oggi ci presenta la Maddalena al sepolcro; i sinottici parlano delle donne in visita collettiva al sepolcro, Marco ce ne fa fin l’elenco, è invece, significativamente, lei sola nella narrazione di Giovanni. Il pianto fuori dal sepolcro dice tutta la desolazione di questa donna che è stata singolare seguace del Signore: solo lei – insieme con la Madre e il discepolo che amava – ha avuto coraggio stare là sotto la croce; ora è tristemente in lacrime: non trova più il corpo dell’ucciso, non può nemmeno più offrire l’ultimo segno di tenerezza nell’estrema cura per quel corpo amato.

Si china, non vede desolazione nel sepolcro (come già Pietro e l’altro), anzi, due figure composte e luminose che l’interrogano della sua tristezza; sono, dice l’evangelista, angeli, annunciatori, non di parole: sono segno. Maria si volge indietro e vede, senza ravvisarlo, Gesù – in piedi – dunque vivo; appunto non riconoscendolo, pensa al custode del giardino e gli rivolge domanda appassionata sul corpo del Signore da poter onorare. Gesù la chiama: “Donna”, poi ancora per nome: “Maria!”: qui, finalmente, le si scioglie il cuore, riconosce quella voce, quell’inflessione, quel timbro; gli si volge appieno, lo vorrebbe abbracciare, trattenere: “Rabbunì!”.

Gesù si schermisce, “non è ancora salito al Padre”, ma le affida impegno d’annuncio: “Va dai miei fratelli e di’ loro: «Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro»”. Ecco il compito nuovo di Maria Maddalena, annunciare nuova paternità in Dio, ai fratelli, comune al risorto Signore. Sappiamo bene che le narrazioni evangeliche – dunque pure quanto ci è qui offerto – non vogliano solo comunicarci eventi: l’interesse più alto è per l’insegnamento di fede che dobbiamo sapervi leggere con osservazione più profonda. La Maddalena qui, assume figura collettiva (Gesù la chiama “Donna”, sposa, come già simbolicamente aveva fatto con Maria, la Madre); dobbiamo dunque rileggere l’episodio secondo la scrittura di simbolo tanto cara a Giovanni.

I particolari significativi sono molti: tutto il dialogo tra il risorto, anche prima che sia conosciuto, è da leggere come comunicazione sponsale (vedi, ad esempio, quel “rabbunì”, che gli specialisti leggono espressione affettuosa della sposa allo sposo), ma su tutti quell’annuncio, non ancora affidato (gerarchicamente?) nella pentecoste agli apostoli, qui, già da subito, è per la comunità-sposa.

La vita risorta dona novità al rapporto tra uomo e Dio; in Gesù che ha vinto la morte – quella del peccato – abbiamo paternità in Dio, non di sola, generica creazione, ma davvero unica che ci fa fratelli nel e al Signore Gesù. A questo stupefacente annuncio non dev’essere frapposto ostacolo neppure di tempo: è l’annuncio grandioso della Pasqua; alla Chiesa, nel segno della Maddalena, ne è affidata l’urgenza.

 

Don Giovanni Milani