Il nostro tratto di vangelo ci presenta subito, come sempre in Luca, la grande meta di Gerusalemme dov’è diretto il Signore nella sua grande determinazione d’immolazione per elevare tutti gli uomini a salvezza; così il segno di potenza che ci è raccontato anche qui, si inserisce – è appunto segno – di quel proposito. Gesù dunque incontra – è più vero che siano loro a farglisi incontro, sebbene da lontano secondo le prescrizioni di purità della legge – dieci lebbrosi: una triste consorteria ch’era addirittura stimata simbolo di peccato. Tra questi dieci, accomunati da sventura e ormai fuori dalla società, non ci sono solo Giudei, c’è almeno un Samaritano: tutt’insieme invocano pietà dal Signore.
Il nostro testo traduce l’invocazione con “maestro”, pure, nell’originale è altro il termine: ἐπιστάτα, potremmo leggere, con un’espressione un po’ rozza, eppur più pertinente, “capo”: segna un’eminenza, non v’è indicato insegnamento, ma potere. C’è dentro una gran fiducia taumaturgica in quel grido, nell’invocazione da lontano; infatti all’invito di Gesù ad adempiere alle prescrizioni di legge – secondo cui toccava ai sacerdoti certificare la guarigione / purificazione – senza obiettare, s’incamminano verso la stessa meta del Signore: il luogo dei sacerdoti, Gerusalemme ed il tempio. Poi c’è il Samaritano, lo straniero per quella sensibilità, che torna. Spesso si sottolinea (ed è pur vero), a ringraziare. A me piace fare più attenzione alle parole – che son sì, sue, ma poi ancora di Gesù stesso – e rilevare che non si tratta semplicemente di un grazie a Gesù, ma: “μετὰ φωνῆς μεγάλης δοξάζων τὸν θεόν, lodando Dio con gran voce”: cioè non è un grazie tanto rivolto a questo pur riconosciuto superiore (ἐπιστάτα), piuttosto vi riconosce l’azione di Dio.
Ancora mi pare sia quello che Gesù vorrebbe, forsanche pretenderebbe, pure dagli altri che non sono “stranieri” e dovrebbero avere ancor migliore sensibilità religiosa; ecco allora l’esclamazione del Signore Gesù: Alzati e va’; la tua fede ti ha salvato! È la fede che ha salvato, non la creanza. Se facciamo attenzione alle parole ne abbiamo miglior prova: quell’alzati! (Ἀναστὰς) è proprio il verbo della resurrezione. Non si tratta solo di guarigione, è dono di salvezza di tutta la sua umanità, quello che dona Gesù. Vediamo di non abbassare l’insegnamento evangelico a buona educazione – certamente Gesù l’approverebbe – ma impariamo davvero a rendere grazie, in senso alto, a Dio per tutto quanto ci è dato: la tradizione cristiana l’esprime nel sacrificio per eccellenza, appunto quello eucaristico.
Don Giovanni Milani