LA MEDITAZIONE SUL NATALE
DI DON GIOVANNI MILANI

LECCO – La tradizione liturgica del Natale è singolarmente ricca di celebrazioni liturgiche, ben quattro: vigiliare, della notte, dell’aurora e infine del giorno. È certo che nel distante passato era sottolineata la celebrazione serale più vicina all’eucarestia come cena, la devozione popolare ha poi meglio privilegiato, un poco in assonanza al racconto evangelico, la suggestione del celebrare notturno. Qui s’è scelto il brano evangelico della nascita, della celebrazione cosiddetta del giorno.

Come sempre, ciò che sembra puro racconto, è piuttosto simbolo e interpretazione teologica nell’allusione che anticipa la realtà di Gesù: questo il senso più vero della pagina che ci è offerta.

Sappiamo bene che Luca ha voluto far ricerca accurata, ma il suo richiamare gli eventi non tanto è volto a collocare la nascita del Signore nel quadro storico, piuttosto in contesto provvidenziale che è persino cosmico (πᾶσαν τὴν οἰκουμένην).

Così dobbiamo collocare il censimento che favorisce – secondo vaticinio profetico – la nascita nella città di Davide, come poi ancora la menzione di Cesare Augusto in sottile confronto col Signore Gesù: l’imperatore era onorato come dio per la “pax augusta”, ma è il piccolo Gesù il vero Conditor pacis che entra nel mondo.

Sono davvero pochi i versetti che ci portano propriamente al centro del mistero – la nascita del Signore – ma ogni particolare è prezioso a dirci di lui: “(Giuseppe) doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo [la città di Davide], si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio”.

Il contesto di precarietà che esclude dalla accoglienza comune – lo vogliono la delicatezza e la singolarità della situazione – pone in provvisorietà e riservatezza quell’evento unico, insieme segna teologicamente lo stile di Dio: la scelta di quanto è piccolo e misero per i suoi gesti potenti.

Povertà e gloria, più che contorno è dunque messaggio: è ai poveri, i pastori il primo annuncio che – è da notare – è d’angeli (come per compito divino, pari a Maria a Giuseppe ai Grandi dell’AT) perché i poveri sempre hanno da aver privilegio d’annuncio.

I pastori (talvolta s’è voluto trovare allusione all’esprimersi orientale e semitico che indicava i grandi: re e sacerdoti) sono invece proprio i più poveri e disprezzati, anche per l’abituale commistione agli animali, ma Luca, mentre fa richiamo a Davide nella sia città e alla sua origine, ce li indica come volutamente primi destinatari della notizia – vero evangelo – del Dio che si fa uomo: “è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore”. Ecco, la grandezza attesa da re e profeti, è indicata proprio a loro, per loro il segno già sottolineato nel gesto di Maria: “un bambino avvolto in fasce adagiato in una mangiatoia”.

Sì, è proprio lei, Maria stessa (l’immediata prestanza è allusione, all’indolore parto verginale) che con infinito amore: “lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia”; (greppia che l’intuizione dell’arte, specie bizantina, ha voluto rileggere in sepolcro). Il segno del piccolo inerme, abbandonato all’avvolgente amore di Maria, diviene segno d’altra inermità, d’estremo abbandono per essere ancora avvolto nel sudario da quel

Giuseppe di Arimatea. Nella nascita, segno ai poveri del Cristo Signore, ma poi anche presagio di croce e di morte.

Il Natale di Cristo, è per noi consolazione e speranza: è nato tra noi e sempre ci accompagna l’Emmanuele, Dio con noi: a noi accoglierlo nella fede.

Is 8, 23b-9,6a Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; ci è stato dato un figlio: Dio potente.
Eb 1,1-8a Dio, che aveva parlato per mezzo dei profeti, ha parlato a noi per mezzo del Figlio. – Lc 2,1-14 La Vergine diede alla luce il suo figlio primogenito; vi erano alcuni pastori: la gloria del Signore li avvolse di luce. (Liturgia del giorno).

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Don Giovanni Milani

Don Giovanni o don Giambattista Milani è stato parroco a Ballabio. Arrivato in paese per sostituire don Achille Gumier è rimasto titolare della parrocchia per quasi quattro anni,

Don Giambattista è una figura nota nel territorio lecchese: oltre che insegnante di filosofia al Liceo Classico “A. Manzoni” di Lecco, è stato vice parroco a Olate (dal ’72 all’80), poi a Valgreghentino (parrocchia Villa S. Carlo). Nel 2001 è stato trasferito a S. Vittore al Corpo a Milano.
Attualmente è residente nella Canonica di San Lorenzo, sempre a Ballabio.