TEATRO/APERTURA DI STAGIONE
CON “IL RITORNO DI CASANOVA”
E UN MAGISTRALE LOMBARDI

LECCO – La stagione teatrale del Comune di Lecco si è aperta al cineteatro Palladium con una prova di altissima qualità, firmata Sergio Lombardi e Federico Tiezzi. Accoppiata vincente fin dagli anni Settanta con lavori all’avanguardia, in una traiettoria di fine intelligenza, capace di bilanciare sperimentazione e ricerca per dare un nuovo respiro ai classici. Questa volta scelgono Il ritorno di Casanova, novella di Arthur Schnitzler (1918) e ne danno una lettura chiaroscurale.
La vita di Giacomo Casanova (1725-1798) è all’insegna della metamorfosi e del dinamismo, alla continua ricreazione di sé sulla ruota instabile della fortuna: avventuriero, viaggiatore, alchimista, seduttore, agente segreto. Dalle corti scintillanti d’Europa fino alla miseria e al carcere (celeberrima la sua fuga rocambolesca dai Piombi di Venezia), e infine bibliotecario e biografo di se stesso. Nelle sue Memorie ciò che gli interessa non è tanto il bello stile, ma lo spettacolo della propria vita, attinto dalla miniera dei ricordi.

Lo scrittore austriaco Schnitzler, considerato fra i maestri del monologo interiore, opera nella Vienna felix in cui si muove anche Sigmund Freud e immagina il suo eroe nel momento del declino. A 53 anni, è un “povero diavolo”, ombra del Casanova sfrontato e brillante frequentatore dell’aristocrazia europea: sente la vecchiaia che avanza e il peso del proprio stesso “mito”.
Lo spettacolo si srotola con una forza straordinaria, attirando lo spettatore in una rete di studiata delicatezza e levità. Tiezzi-Lombardi hanno reso il testo più asciutto e immediato, immerso in un’atmosfera rarefatta: Casanova stesso, imbolsito e il viso malinconico sotto il pesante trucco di biacca, racconta in prima persona, prestando la voce anche agli altri personaggi. Si evidenzia così la sua solitudine.

Vestiti d’epoca, parrucca, candelabri, sedie di velluto, uno specchio, un ventaglio, musica di violoncelli danno il sapore dell’epoca dei Lumi. Lo stanco Casanova siede al tavolo: di fronte a lui, una figura inquietante, avvolta in mantello nero e il viso nascosto da una bautta bianca. Un “convitato di pietra” che rappresenta il Tempo, la Vecchiaia, o forse lo spettro della morte, che si identifica anche con la città di Venezia.

Rughe, solchi, grinze, sono le avvisaglie esterne del tempo che passa, eppure l’ardore giovanile sembra soltanto sopito. Nel suo soggiorno a Mantova Casanova si butta a capofitto in una nuova avventura erotica. Obiettivo delle sue brame è la bella e colta Marcolina, ipostasi della giovinezza: possederla diventa un’ossessione, un elisir per dare nuovo vigore al corpo e allo spirito.

Nel momento di akmé, la figura in nero (Alessandro Marini) toglie la maschera: ora è Lorenzo, l’amante segreto di Marcolina. Casanova vede il lui il proprio “doppio”, un se stesso giovane, bello, forte, aperto a tutte le speranze e ai piaceri della vita. Il vecchio libertino ci muove a compassione e tenerezza, per la sua fissazione ingenua e disperata, ma sa anche essere malizioso e astuto: aiuterà il giovane per un debito di gioco per avere in cambio una notte d’amore con Marcolina. Lorenzo “vende” così la sua innamorata e Casanova, con i vestiti del giovane, potrà sentirsi ancora un dio, assaporare la linfa del desiderio, il sapore della vita. Tuttavia nello splendido delirio onirico che Lombardi restituisce con grande intensità si avverte anche il sentore della morte: Venezia e il labirinto dei canali, personaggi strani, estasi e indifferenza, e infine il mare nero che si richiude. L’alba dissipa i sogni e riporta alla realtà, in una discesa irrevocabile: il travestimento è svelato, con orrore di Marcolina e umiliazione di Casanova, che fugge e, dopo l’eros, deve affrontare thanatos, la morte. Di fronte a lui, il giovane Lorenzo armato di spada.

Schnitzler immagina una scena di forte sensualità estetica: i due rivali si fronteggiano nudi, in un paesaggio desolato di brughiera, ancora stretto nella fresca rugiada del mattino. Lorenzo ha la bellezza di un giovane dio greco, ma il vecchio Casanova riesce a ucciderlo e parte per Venezia, dove accetta il ruolo degradante di spia, pur di tornare dall’esilio e rivedere “la maestosa regina dei mari”. Con sguardo smarrito e malinconico, Lombardi evoca in poche pennellate la visione della laguna, al suo arrivo: nebbia, umidità, canali neri e maleodoranti, una squallida locanda. Qui Casanova si abbandona a un sonno, amaro e pesante, che già prelude alla morte, compagna beffarda di questa sua ultima avventura.

Una pièce sulla solitudine, la vecchiaia, i sogni infranti, nella magistrale interpretazione di Lombardi. Un ottimo inizio per una stagione teatrale promettente.

Gilda Tentorio

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