SOCIAL/DAI SELFIE HOT AI RICATTI,
IL CASO LECCHESE LANCIA
L’ALLARME SUI GIOVANISSIMI

violenza su donneLECCO – Tutto è partito da un sito per giocare a scacchi online, qualche foto hard in cambio di crediti. Ora la vita della giovane lecchese è distrutta nonostante la Mobile di Lecco abbia rintracciato i cyber-ricattatori, quattro ragazzi poco più che maggiorenni.

Tutto è cominciato come un passatempo malizioso per ottenere crediti digitali e vincere le partite – spiega Daniele De Salvo su Il Giorno – ma dopo le prime foto erotiche diffuse su una chat la 17enne lecchese è stata tenuta in scacco per mesi con richieste di foto e filmati amatoriali a luci rose. I ricattatori hanno anche attivato un profilo Facebook col nome della giovane sul quale rendevano pubblici i materiali, scatti e video che ora vagano indisturbati nel web.

Ad accorgersi che qualcosa non andava i genitori e gli amici di lei: non mangiava, non studiava e non usciva di casa. Convinta a denunciare i criminali, alla Squadra mobile sono bastati account e indirizzi mail dei ricattatori per risalire a loro e denunciarli. Li aspetta il Tribunale, la ragazza invece ha cambiato scuola e sta seguendo un percorso di sostegno psicologico.

In questo caso la vittima è una ragazza vicina alla maggiore età, l‘allarme degli esperti tuttavia si spinge fino alle scuole medie. Metà di loro diffonde infatti in rete proprie immagini provocanti, se non addirittura pornografiche. Whatsapp, Snapchat, Ask.fm, sono il nuovo terreno di caccia per pervertiti e pedofili. “Nella maggior parte dei casi la condivisione di scatti e video compromettenti avviene e resta tra fidanzatini, amici, compagni, senza conseguenze, sebbene in internet nulla si perda né si cancella. In altri invece la situazione sfugge dal controllo e il materiale vietato finisce nelle mani sbagliate, o meglio negli hard-disk dei computer e nelle memorie degli smartphone di sconosciuti” è stato spiegato in un incontro nel meratese.

Unica soluzione è fornire ai nostri figli tutti gli elementi necessari per difendersi, il fenomeno è molto più diffuso di quanto si immagini e indipendentemente dalle statistiche, chi affronta simili situazioni sperimenta un dramma che distrugge l’esistenza. “Quando interveniamo noi operatori delle forze dell’ordine per reprime tali comportamenti purtroppo i disastri sono già stati consumati, ricostruire la dignità e l’autostima personale è impossibile – spiega Marco Cadeddu, dirigente della Mobile -. Occorre prevenire e vigilare, esercitando sino in fondo il ruolo di educatori”.