EUROPA E FLUSSI MIGRATORI:
“MANCA VOLONTÀ, NON RISORSE”
NELL’ANALISI DI POSSIBILE

LECCO – Europa, diritti e flussi migratori. Questo SARA VELARDO possibile02il tema approfondito nell’incontro pubblico promosso ieri dal Comitato Resegone, la sezione lecchese di Possibile. Apertura della tavola rotonda con la cantautrice Sara Velardo “lecchese d’adozione, ma calabrese d’origine”, che ha intrattenuto per qualche minuto il suo – non troppo numeroso – pubblico con alcune delle sue canzoni a sfondo sociale.

Entrando nel merito del dibattito, è stato l’antropologo Luca Ciabarri il primo ad intervenire, delineando quelle che sono le coordinate necessarie per capire la situazione attuale. “Per farlo – spiega il ricercatore – dobbiamo andare indietro fino al 1999, quando il consiglio europeo sottoscrisse che l’Europa avrebbe adottato una politica comune in tema di migrazione, fondata sulla solidarietà e sull’estensione a tutti gli immigrati dei dettami della convenzione di Ginevra. Queste dichiarazioni di principio, messe alla prova dalla crisi degli ultimi anni, hanno mostrato tutta la loro debolezza. Ma veniamo a questa crisi migratoria: dalla fine del 2013 i confini meridionali dell’Unione Europea hanno visto un incremento inaudito degli arrivi via mare, fenomeno dovuto principalmente ai conflitti in Siria e Libia, che hanno generato una situazione inedita di emergenza dei flussi migratori, che nulla ha a che vedere con i flussi costanti della migrazione. In Libia – prosegue Ciabarri – si è verificato quello che succede in ogni guerra: in una prima fase gli sfollati sono si sono rifugiati nelle zone del paese non investite dal conflitto o nei paesi limitrofi; col passare degli anni, il non risolversi della crisi interna ha portato all’aggravarsi della crisi esterna. Col risultato che da un lato la presenza dei rifugiati nei paesi limitrofi è diventata insostenibile, dall’altro la politica della comunità internazionale è stata quella di contenere la mobilità delle persone in questi paesi tramite aiuti umanitari”.

tavola rotanda possibile06“In Libia – continua l’antropologo – la situazione è diversa perché da lì non scappano solo i cittadini libici ma anche quelli provenienti da altre zone dell’Africa caratterizzate da miseria e regimi totalitari, un tempo andati in Libia per lavorare. Gli strumenti più appropriati che avrebbe a disposizione l’Unione Europea per gestire i fenomeni emergenziali di massa sono quelli dei permessi umanitari, del reinsediamento e dei ricongiungimenti familiari. Invece si limita a stipulare degli accordi con Egitto, Marocco, Senegal, Gambia, Tunisia, secondo i quali questi paesi si impegnano a riammettere i propri migranti e a impedire nuove partenze, in cambio di aiuti economici e quote di entrate regolari”.

A spiegare che la comunità internazionale ha tante tavola rotanda possibile03responsabilità, così come però ne hanno i governi dei paesi, è stata l’europarlamentare Elly Schlein: “Nel 2015 su 28 stati dell’Unione solo sei hanno gestito l’80% delle richieste di asilo e si tratta comunque di un numero irrisorio se si pensa che l’80% degli sfollati siriani si trova nei paesi limitrofi. Stiamo parlando di cifre assolutamente gestibili, quello che manca non solo le risorse ma la volontà politica dei governi. Il parlamento europeo ha votato due volte, con una maggioranza ampia, a favore di una gestione collettiva di questa emergenza, a mancare è la volontà dei singoli paesi di fare squadra, che sui previsti 166mila ricollocamenti di immigrati da Italia e Grecia agli altri paesi, ne sono stati portati a termine 600. A breve o medio termine dobbiamo innanzitutto risolvere pacificamente le crisi internazionali, superare l’ipocrisia del trattato di Dublino e rendere legali e sicure le vie d’accesso per l’Europa. Sul lungo termine dovremo lavorare perché non si scatenino più questi conflitti, combattere il cambiamento climatico e le diseguaglianze: fino a quando il 30% della popolazione mondiale disporrà del 70% delle risorse, non possiamo meravigliarci che le persone vogliano venire in Europa. Una soluzione europea comune è l’unica che può portarci fare da questa situazione”.

A chiudere il cerchio è Paolo Sinigaglia,  dirigente nazionale di Possibile: “C’è un problema politico e di informazione, i media influenzano molto l’opinione pubblica ma purtroppo alla televisione è più facile vedere Salvini che ascoltare le cose che abbiamo detto qua oggi. Ci sono delle speranze: basti pensare all’accordo tra i sindaci di Lampedusa, Lesbo e Barcellona o al Canada che ha organizzato un corridoio umanitario con la Turchia. Bisogna sviluppare politiche diverse e far capire alla gente che l’accoglienza è vantaggiosa”.

Manuela Valsecchi