TEATRO/GRANDI APPLAUSI
PER L’ULTIMO DE FILIPPO
AL SOCIALE DI LECCO

non ti pago 1LECCO – Volete diventare milionari senza sforzi e cambiare la vostra vita? Facilissimo: basta vincere al lotto! È questo il tema della brillante commedia di Eduardo De Filippo, Non ti pago! (1940), vista al Teatro della Società lo scorso 2 marzo (Compagnia di Teatro di Luca De Filippo), che prende in giro la nota predilezione dei napoletani per il gioco. Protagonista è soprattutto la spumeggiante fantasia del popolo di Napoli, che ha creato mille modalità e credenze superstiziose per captare i capricci della dea bendata.

Ognuno ha una sua “smorfia” personale. Ad esempio: che cosa fanno la notte sui tetti don Ferdinando (Gianfelice Imparato, nel ruolo che era di Luca De Filippo) e il suo aiutante? Osservano le forme delle nuvole. Spiegano che esse, “configurazioni plastiche in continua trasformazione, combinazioni fumogene”, seguono codici arcani, assumendo le forme dei vivi, ma soprattutto quelle dei morti. E così non è raro vedere leoni, asini, draghi e anche la fisionomia del padre di Ferdinando, don Saverio, morto da due anni. Basta poi condurre le opportune equivalenze e arriverà la vincita. Ecco perché sulla scena, dietro il mobilio del salotto, appare un fondale di cirri e nembi, bianchi o minacciosi, a seconda della situazione.

Nel gioco del lotto occorre investire denaro, ma soprattutto energie, batticuore, nervosismo per l’attesa ma infine per Ferdinando arriva sempre la delusione: cattiva ermeneutica o semplicemente jella? Ha un bel gridare e protestare sua moglie, donna Concetta (Carolina Rosi, vedova di Luca De Filippo): il lotto per lui è ormai una mania, una ritualità necessaria, quasi un puntiglio d’onore.

Ecco invece la ricetta del giovane Bertolini (Massimo De Matteo). Venerdì sera: grande abbuffata (salsicce, peperoni, dolci in quantità). Le difficoltà digestive favoriranno l’arrivo di sogni vividi e quindi anche le anime dei morti vi daranno i numeri giusti! Questa pratica oniromantica ha portato molta fortuna a Bertolini e un principio di ascesa sociale: ha già affittato la casa di Ferdinando (che non osava rimanere lì dopo la morte del padre) e ora ha messo gli occhi sulla figlia Stella, ricambiato.

non ti pago 2Ferdinando naturalmente non può sopportare questo giovane così baciato dalla fortuna e gli rifiuta la figlia. Ma quello che dapprima sembrerebbe un sentimento di insofferenza e antipatia, si trasforma in mania invidiosa e vendicativa. Il punto di svolta è, manco a dirlo, una quaterna milionaria vinta da Bertolini con l’improbabile sequenza 1-2-3-4. Chi giocherebbe mai una serie così banale? A suggerirgli questi numeri è stata nientedimeno che la buonanima di don Saverio! Infuriato, Ferdinando requisisce il biglietto al “ladro di sogni” e “truffatore”, spiegando: l’anima del padre defunto si è recata al vecchio indirizzo di casa e ha dato la sua rivelazione a chi dormiva nel letto, pensando cioè che fosse il proprio figlio!

Tutti (pubblico compreso) ridono delle pretese di Ferdinando. Ma lui è serio, anzi serissimo e pronto ad adire a vie legali: poiché non è possibile ipotizzare la malafede di un defunto “Possibile che la buonanima possa fare una simile carognata al proprio figlio?”), il biglietto e la vincita spettano a lui e solo a lui. Nella seconda parte della commedia però i tratti si fanno lividi e il protagonista si erge alla statura monolitica di eroe comico, sempre più rigido nella sua posizione folle e biliosa.

È lui che ora muove tutte le fila, con lucida consapevolezza: arriva a minacciare il Bertolini con la pistola e anche quando sembra arrendersi alla legge della ragione, resta tenacemente fedele all’assurdo e al sovrannaturale. Consegna il fatale biglietto ma chiama a testimone il padre morto: se il sogno era destinato a lui ed è arrivato all’altro per errore, allora mal ne incolga al rivale, che si è macchiato quindi di “appropriazione indebita”. Con una esilarante lista iperbolica, Ferdinando scaglia la sua maledizione: incidenti, malattie di stagione, croniche, infettive, peste, colera, la perdita degli arti superiori e inferiori, dolori infiniti fino alla settima generazione! In effetti appena si avvia a incassare la sua vincita, il Bertolini incappa in una serie di eventi che dire “sfortunati” è poco. Non ci sono dubbi: questa è la vendetta di don Saverio, dall’oltretomba. Al colmo dell’esasperazione, il povero Bertolini si arrende e cede il biglietto. Solo allora, “di fronte a questo gesto nobile e resa spontanea”, il groviglio si scioglie: sarà Ferdinando a incassare la vincita, e la donerà a Stella, come dote per le nozze finalmente accordate con il Bertolini. “Ma mi raccomando, o dico due paroline a papà…” sono le ultime parole di Ferdinando trionfatore.

non ti pago 3A proposito di questa opera Eduardo aveva detto: “Una commedia molto comica, che secondo me è la più tragica che io abbia mai scritto”. E in effetti viene sfiorata la tragedia, le posizioni sembrano inconciliabili, l’azione legale e la galera dietro l’angolo. Piani diversi si intrecciano mirabilmente con un finale spiazzante in cui giganteggia l’eroe “negativo”. In questa vicenda che si configura pure come conflitto generazionale, è anche questione di puntiglio: più che al malloppo milionario, Ferdinando è interessato alla soddisfazione dell’incasso, che vive come una sorta di “riscatto” rispetto a tutte le perdite precedenti. E forse vuole impartire una bella lezione al giovane sulla fatica necessaria per costruirsi la propria fortuna. Eppure l’ordine ricostituito e l’happy end pilotato lasciano chiazze d’ombra: resta l’imponderabile (i sussurri dei morti) e la “vittoria” finale di Ferdinando costruita senza risparmio di colpi bassi, quasi una necessità per tornare a vivere nella dura realtà. A volte occorre un pizzico di follia per il gusto di far girare il mondo al contrario.

Undici attori affiatati si muovono in un ritmo coinvolgente e, con la cadenza e la musicalità del sanguigno dialetto napoletano, creano macchiette e simpatiche caricature (la cameriera svampita, la moglie isterica, l’avvocato viscido e ridicolo, il prete goloso di anice). Innumerevoli le scene divertenti, anche di mimo, che hanno più volte suscitato applausi a scena aperta. Un solo rimpianto: non aver potuto applaudire anche il regista e attore Luca De Filippo, figlio del grande Eduardo, scomparso lo scorso novembre.

Gilda Tentorio
Foto di scena di Masiar Pasquali