LA VERA AUSTERITÀ, SPIEGATA
DA PASOLINI E BERLINGUER

pasolini berlinguerQuello di austerità è uno dei termini che più ricorre nel dibattito politico da qualche anno a questa parte. Innalzato a paradigma economico dalle destre liberiste e stigmatizzato dalle sinistre socialiste e comuniste, è un concetto che in ogni caso fa parlare di sé. Oggi con austerità siamo soliti riferirci a un insieme di provvedimenti economici e politici che prevedono un forte taglio della spesa al fine di contenere il debito pubblico. Le famose misure lacrime e sangue, che, come è ormai evidente e riconosciuto da chi non ha fette di affettati vari sugli occhi, non hanno fatto altro che deprimere ulteriormente economie già non proprio ribollenti di entusiasmo. Eppure non è sempre stato così. C’è stato un tempo in cui con austerità si intendeva qualcosa di diverso.

A portare avanti la bandiera dell’austerità in Italia sono stati, nel corso degli anni ’70, due dei personaggi più grandi e affascinanti del Novecento nostrano, uomini di sinistra e, più precisamente, comunisti: Pier Paolo Pasolini ed Enrico Berlinguer. Ma come – si dirà – non abbiamo appena detto che l’austerità è il mantra delle destre liberiste? Allora perché due esponenti così di spicco, seppur in modo radicalmente diverso, del comunismo italiano si sono fatti portavoce dell’austerità? La risposta è in verità molto semplice: perché l’intellettuale friulano e il politico sardo con austerità intendevano tutt’altro da ciò che si intende oggi con il medesimo termine.

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