DAL RITRATTO AL SELFIE:
COM’È CAMBIATA
LA RAPPRESENTAZIONE DI SÈ?

francesca woodman

Autoritratto fotografico e selfie sono spesso, ed erroneamente, utilizzati come sinonimi, confusi e mescolati come se identificassero lo stesso oggetto. Un accostamento di termini che porta con se il desiderio di auto-rappresentarsi e auto-ritrarsi, caratteristiche che già Leon Battista Alberti (1404-1472) aveva inserito nel suo trattato “De pictura”. Forse influenzato dalla curiosità medievale per gli specchi, Alberti era attratto dall’arte dell’autoritratto, tanto che era facile per lui individuare in Narciso, la figura dell’iniziatore del genere. Lo specchio da subito si carica di significato.

Nel tempo, attraverso lo specchio, l’autoritratto era diventato lo strumento prediletto dagli artisti, per raccontare la propria vita, i propri desideri, i propri segni indelebili sul volto.

Questa pratica, che in un primo momento sembrava ricoprire solo un ruolo di attestazione della nostra esistenza, è rimasta da sempre legata a una spinta verso ciò che vorremmo essere, sia fisicamente sia spiritualmente. Ma il risultato è spesso stato effimero e somigliante più a una scommessa che a una certezza.

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