LECCO/ALLO SPAZIO D
LA MONTAGNA AL FEMMINILE
E LO SPAZIO DELL’ANIMA

opera montagna monica bonacinaLECCO – Lo spazio dell’anima? Montagne Dentro? Domande aperte davanti alle opere tutte al femminile esposte allo Spazio D in Via Corti 8 nel vecchio borgo lacustre di Pescarenico, a pochi passi dagli ultimi pescatori. Un luogo di già nota fama per i macchiaioli lombardi sul tramontare dell’ottocento, un puzzle di case sbiadite ma che difendono ancora il loro fascino. Via Corti, un tempo traversa tra le più vissute, ospita per chi non lo sapesse ancora lo Spazio D, una galleria d’arte da non dimenticare.

E’ aperta al pubblico fino a domenica alle 19 il connubio tra la pittrice Daniela Padelli, Marialuisa Sponga e la fotografa Monica Bonacina. Tre donne che nel loro specifico ramo creativo hanno scelto la montagna come soggetto, ma certamente non le uniche nel nostro territorio, che certamente, anche grazie a questa composizione di opere, svela di nuovo il suo innato fascino.

Daniela Padelli presenta il suo cammino tra le vedute dei monti lecchesi. Lo fa con toni leggiadri, come a raccontare storie di una montagna fiabesca, eppure accosta letture geologiche, descrizioni precise e calzanti. Marialuisa Sponga presenta i suoi assemblaggi di materiali e stoffe in più strati, appaiono come tappeti o arazzi, spazi “morbidi” per lo sguardo a dimenticare la montagna epica, pericolosa, ferrigna. Se le opere della Padelli e della Sponga ci donano lavori più paesaggistici, riconoscibili, che rientrano in una visione naturale delle montagne, Monica Bonacina, per la prima volta nella fotografia d’arte, si distingue per un diverso sguardo, un altro “sentire” la montagna.

opera montagna monica bonacina 2Si vede e vive la montagna da angolature “imperfette”, che non sono quelle panoramiche del “bel paesaggio” o del “bel disegno”, montagna dentro, il luogo dell’ispirazione artistica, l’incanto. “Quel nero che non vogliamo vedere,..la neve e le impronte degli animali notturni”.Un pensiero sottile accompagna le opere, breve ma intenso e concorde con le fotografie, una sorta di autocritica d’arte. Le orme in quegli spazi indefiniti sembrano aver infranto la perfezione di una pavimentazione naturale, mentre dietro il cielo diventa l’infinito nero. Le sue fotografie sono discorsi scientifici, sono alt(r)e dimensioni, luoghi dell’anima, montagne dentro, ossia quello che Julius Kugy, il noto alpinista e scrittore delle Alpi Giulie, incitava a cercare.

L’invito a visitare la mostra non per trovare delle belle opere di montagna ma per cercare una nuova finestra da dove guardarle, e stando attenti, provare a sentire da lontano un canto, suoni, o l’eco del tempo.

“Ogni bellezza racchiude un canto e anche se non siamo noi i poeti, con devozione lo vogliamo narrare!”
(G. Bedeschi)

 Michele Casadio